Jacopo Curi, “L’immagine accanto”
Saremo oltre lo schermo
senza connessione
con gli occhi aperti al buio
nel luogo dove eravamo
prima di venire al mondo
Saremo oltre lo schermo
senza connessione
con gli occhi aperti al buio
nel luogo dove eravamo
prima di venire al mondo
Solo camminando si può pensare che forse non solo per sé cantano
gli uccelli ma anche per noi che, ora, stiamo sulla terra.
A volte ripenso al serraglio, alle bestiole slegate.
Da piccolo ero avido di cose grandi,
Era tutto un riprendere fiato, segnare la fine con le mani
le notonette.
È un paese, questo della creazione audiovisiva, che è pieno di luce –che gioca con l’ombra, e che sembra invitarmi a prendere parte al gioco. E c’è qualche cosa in me che è come nutrito di speranza, accarezzato, consolato, da questa immersione nella materia della luce.
davvero qualcosa era accaduto, prima
la macchia, il cielo, i pioppi intorno, gli stessi –
c’era mia sorella ad aspettarmi e con un respiro
raccolsi tutta l’aria di casa, ed era ancora casa.
Il filo che seguiamo quando tentiamo di dare vita a un’opera, o di realizzare un progetto; che ci offre una direzione quando ci avventuriamo nei segreti dell’interiorità.
E poi il filo impalpabile ma così reale che unisce le persone, secreto dalla comunanza di origine o storia o destino.
I nomi si hanno per le cose che restano
non mi sono più chiesto quanto sole renda una giornata
il tavolo con le carte da gioco, l’orologio sul muro.
I piccoli piedi nell’acqua.
Sosta nel sole e non passa, il nome nell’aria più volte, lo sguardo a fissarci. Sosta e non passa, ridendo, la luce sul viso, il nome nell’aria.
Quando la tua veste è questa
giornata bianca,
e per la luce, che entra,
sulla tua iride lucida osservo
me stesso
Solo quando riprendo a respirare
lentamente riemerge
il significato del respiro.
Respiro e ascolto.