Franca Mancinelli
Il mio volto è tracciato a matita. Mi piace confonderlo con quello degli altri. Stare all’aria, alla brezza del mare e nel soffio custodito dalle chiome degli alberi. Da bambina avevo due segni: a fianco di un dito il callo della disegnatrice, su entrambi i palmi la linea sottile di chi rimane a lungo aggrappato a un ramo, dondolandosi finché non è costretto ad abbandonarsi al suo peso, come un frutto. Vivo accanto a una piccola valigia aperta. Sono nata tra le colline e il mare Adriatico, a Fano, nel 1981. Parte della mia adolescenza è in fondo a un armadio, in due scatole di taccuini, quaderni, foglietti attraversati da una grafia sottile, ogni tanto confusa con la pioggia. Il mio primo libro di poesie, Mala kruna (2007), è quasi tatuato sul mio corpo. Il secondo si è formato come un’infiltrazione nel silenzio: Pasta madre (2013). Il terzo si intitola Libretto di transito (2018), ed è uscito nello stesso anno, in traduzione inglese, come The Little Book of Passage. Il titolo del mio recente libro di poesia edito per Marcos y Marcos nel 2020, me lo ha suggerito un albero: Tutti gli occhi che ho aperto.