Una società che non è capace di leggere o di ascoltare i poeti abdica al proprio potenziale evolutivo. L’accusa che spesso si muove alla poesia – che è difficile, oscura e via di seguito – sta a indicare non già lo stato della poesia ma il piolo della scala evolutiva su cui la società è rimasta bloccata» (Iosif Brodskij). Così, ogni tentativo di lavoro serio sulla poesia, può essere un bene fatto a tutti noi: alla nostra lingua e dunque alla nostra possibilità di raggiungere l’altro, di immaginare il suo orizzonte, il suo passo, e potere quindi andargli incontro. Fino agli anni Sessanta, un liceale poteva avere come mito uno scrittore come Cesare Pavese, oggi quel posto nelle pareti della sua stanza e nelle pagine del suo diario è stato preso nei migliori casi da un cantautore, negli altri è rimasto vuoto. È quasi un dato acquisito che, all’orecchio di un adolescente, non è mai risuonato, anche solo di sfuggita, il nome di un poeta contemporaneo. Ogni insegnante di scuola si trova di fronte a questo paradosso: da una parte la vita quotidiana, attraversata dalla musica e dal cinema, dall’altra questa forma d’espressione sconosciuta e avvertita come appartenente ad un’epoca passata, all’Ottocento di Leopardi, o al massimo al primo Novecento di Ungaretti. E infatti i ragazzi, quando scrivono versi, riecheggiano spesso la maniera del primo Ungaretti oppure si ritrovano ad imitare un’evanescente e poco credibile aurea ottocentesca. Sta all’insegnante cercare di essere un ponte tra questi due continenti che negli anni si sono sempre più allontanati, la vita quotidiana e la letteratura, cercando di diminuire giorno per giorno quella frattura che la televisione e i principali canali di comunicazione, giorno per giorno ribadiscono passando sotto silenzio e cancellando i volti e le parole di quella che una volta era la linfa di un paese, la sua cultura.
Una società che non è capace di leggere o di ascoltare i poeti abdica al proprio potenziale evolutivo. L’accusa che spesso si muove alla poesia – che è difficile, oscura e via di seguito – sta a indicare non già lo stato della poesia ma il piolo della scala evolutiva su cui la società è rimasta bloccata» (Iosif Brodskij). Così, ogni tentativo di lavoro serio sulla poesia, può essere un bene fatto a tutti noi: alla nostra lingua e dunque alla nostra possibilità di raggiungere l’altro, di immaginare il suo orizzonte, il suo passo, e potere quindi andargli incontro. Fino agli anni Sessanta, un liceale poteva avere come mito uno scrittore come Cesare Pavese, oggi quel posto nelle pareti della sua stanza e nelle pagine del suo diario è stato preso nei migliori casi da un cantautore, negli altri è rimasto vuoto. È quasi un dato acquisito che, all’orecchio di un adolescente, non è mai risuonato, anche solo di sfuggita, il nome di un