
Marina Macharis, Poesie inedite
una folla d’incoscienza
al patibolo del tempo
sceglierà per te,
dolce figura che dondoli
sul trapezio della mente.
una folla d’incoscienza
al patibolo del tempo
sceglierà per te,
dolce figura che dondoli
sul trapezio della mente.
In questa penombra i grandi fiumi si incontrano, le acque si mescolano, ci immergiamo nella morte fino alla vita. Le ore di veglia sono sciacquate nei sogni.
Marco el ndeva torno. I ghe gheva senpre dito «Chi che no ga testa ga ganbe», ma no jera vero el contrario: łu el jera fato pa métare on pie drìo queł’altro e via de caza, drìo on àrzare, el se gheva catà co ’l can. No i se gheva mai perdesto, łori.
E tornai a questi cieli,
tra le luci del Nord,
tra le betulle bianche,
trafitte nella terra.
Sono quell’oscuro riflesso
di assenza tra milioni di corpuscoli
oblunghi e recettivi:
perenne presenza dello scisma
imprigionato tra sbarre anatomiche,
millimetriche.
Incontrare la maestra delle elementari
è abbracci grandi e ricordi piccoli
come te che impari a scrivere dentro le righe
il tempo non passa per tutte le cose allo stesso modo
Proteggere i semi dentro ai semi è la nostra cura
Eppure ogni momento si confonde qua.
Di conseguenza non c’è nessun momento
ma solo una colonizzazione della mente—
dissotterra la vita—sostituiscila—
è stata sostituita—grazie—
Siamo la metafora
che si può spezzare,
siamo pane.
Siamo la sua stessa metafora
che si può moltiplicare.
L’amore non fa tappe,
l’amore non è mite,
l’amore ci collega senza rete
per tutta quella luce sprigionata
da slanci e intermittenze
Mi vesti di bianco
alzo polvere con i piedi scalzi
apro le braccia
tra le spine delle tue rose
assaggio la terra
rubo all’erba lucertole
devote