Alcuni testi di Alessandro Farris (Cagliari, 1997), dalla silloge Coloring book, vincitrice del premio Esordi Pordenonelegge 2023, insieme alle sillogi di Silvia Atzori e Beatrice Magoga. L’intera silloge si può leggere nell’ebook pubblicato dalla Fondazione pordenonelegge.it, a cura dei giurati del premio (insieme a me, Roberto Cescon, Tommaso Di Dio, Massimo Gezzi, Azzurra D’Agostino). La premiazione, con i tre autori finalisti e i giurati, è domenica 17 settembre alle 19:00, alla Libreria della Poesia (Palazzo Gregoris), Pordenonelegge.
Noise—neve—snow—bugs Una donna che nel 2006 circa cucina nella nostra vecchia casa con la credenza verde, il tavolo piccolo—oh— è mia madre. Alle 12:37 del 4 gennaio 2006. Assomiglia così tanto a qualcos’altro. A che cosa— guarda, funziona così, il meccanismo è più semplice di quanto sembri e ora che ne hai parlato si attiva e la tua vita prende forma adesso. Da qualche parte in Nepal suonano una musica così simile alla mia. È la mia. Mi sembra essere sempre stata così. La ricordo. Era il giorno della recita ed eravamo dietro una tenda ogni persona che conoscevamo era lì ad assistere, gli spettatori seduti in un teatro uguale a un altro. C’è un’area della memoria che può essere piegata—allora io chi sono chiedono dal pubblico in coro i bambini rispondono dal palco, ma non li sento. Nei giorni più puliti salivo per il colle per raggiungere il castello, studiare la strana massa di palazzi che componeva il quartiere. Se ero fortunato in lontananza apparivano le ciminiere della raffineria. La luce arancione, in aria una mongolfiera a forma di animale. Avrei dovuto immaginare che il mondo si trovava fuori, che una storia non si può costruire. Trovarmi dall’altra parte del mondo o anche più lontano. Nel punto più piccolo, senza dimensioni, chiuso in un’immagine. Adesso. It is no use talking now— segnaliamo una lieve turbolenza, una lieve instabilità—da qualche parte era estate e mi aspettavano—qua e precisamente adesso in un video girato tempo fa— scendevo fino alla spiaggia mi gettavo nell’acqua, mi rotolavo sulla sabbia e poi di nuovo nell’acqua, non pensando che erano già passati venticinque anni dall’ultima volta che avevo parlato. Mi tengo stretto a questo momento mi ripeto— pensa qualcosa dilla per me ora Alexa. Guardo oltre le luci dei capannoni scomparendo in una sorta di nero. È ciò che posso vedere quando penso a quello che ho vissuto. È un paesaggio che esiste da sempre ma guardarlo adesso è triste. Non c’è nessuno. Eppure ogni momento si confonde qua. Di conseguenza non c’è nessun momento ma solo una colonizzazione della mente— dissotterra la vita—sostituiscila— è stata sostituita—grazie—
Un libro composto di contorni predefiniti di immagini vuote, in attesa che, chi sfoglia le pagine, le riempia con i propri colori: un libro da colorare, in inglese Coloring book. Così si intitola la silloge d’esordio del ventiseienne Alessandro Farris, cagliaritano d’origine, formato tra le Università di Pisa, Bologna e Dublino. Una metafora per ripensare alla poesia che si dà soltanto a un lettore partecipe, coinvolto attivamente nella creazione di significato. Ma forse, ancora di più, per ripensare all’esperienza percettiva della realtà in cui siamo immersi, dove le tracce dell’industria dello spettacolo affondano indelebili nella nostra memoria così come nei nostri sogni, lasciandoci, come suggerisce Farris in questi testi, spettatori confusi, prigionieri di un territorio che va dallo schermo alla vita, senza soluzione di continuità. Così la metafora iniziale, legata a un’esperienza che appartiene all’infanzia, si colora subito di riflessi inquietanti, restituendoci una realtà dove anche lo spazio per l’immaginazione è governato da forze che non concedono libertà se non entro confini prestabiliti, derubandoci della nostra stessa identità e storia, cancellando anche la coscienza di ciò che è stato perduto.
(f. m. dalla Nota)
Foto di Giuseppe Conoci