
Francesca Dall’Acqua, sette poesie da “Curvature”
A volte ripenso al serraglio, alle bestiole slegate.
Da piccolo ero avido di cose grandi,
Era tutto un riprendere fiato, segnare la fine con le mani
le notonette.
A volte ripenso al serraglio, alle bestiole slegate.
Da piccolo ero avido di cose grandi,
Era tutto un riprendere fiato, segnare la fine con le mani
le notonette.
È un paese, questo della creazione audiovisiva, che è pieno di luce –che gioca con l’ombra, e che sembra invitarmi a prendere parte al gioco. E c’è qualche cosa in me che è come nutrito di speranza, accarezzato, consolato, da questa immersione nella materia della luce.
davvero qualcosa era accaduto, prima
la macchia, il cielo, i pioppi intorno, gli stessi –
c’era mia sorella ad aspettarmi e con un respiro
raccolsi tutta l’aria di casa, ed era ancora casa.
Il filo che seguiamo quando tentiamo di dare vita a un’opera, o di realizzare un progetto; che ci offre una direzione quando ci avventuriamo nei segreti dell’interiorità.
E poi il filo impalpabile ma così reale che unisce le persone, secreto dalla comunanza di origine o storia o destino.
I nomi si hanno per le cose che restano
non mi sono più chiesto quanto sole renda una giornata
il tavolo con le carte da gioco, l’orologio sul muro.
I piccoli piedi nell’acqua.
Sosta nel sole e non passa, il nome nell’aria più volte, lo sguardo a fissarci. Sosta e non passa, ridendo, la luce sul viso, il nome nell’aria.
Quando la tua veste è questa
giornata bianca,
e per la luce, che entra,
sulla tua iride lucida osservo
me stesso
Solo quando riprendo a respirare
lentamente riemerge
il significato del respiro.
Respiro e ascolto.
Con questi inediti di Stefania Zampiga si apre una rubrica che ospita testi nati o riplasmati nel laboratorio “Di passi e guadi” che ho condotto a Prato tra maggio e settembre del 2019, con il progetto Poecity –azioni urbane di poesia.