Interviste

copertina Intervista Castello di Villalta

Intervista ai tre finalisti del Premio Castello di Villalta Poesia: Stefano Dal Bianco, Franca Mancinelli e Enrico Testa

La scrittura per me è una pasta madre, una materia umile, quasi anonima, che ha in sé un infinito potenziale di generazione, e allo stesso tempo è fragilissima. Se non viene accolta da qualcuno resta incompiuta, informe; se non viene nutrita muore. Come questo lievito naturale la scrittura può essere madre di tante cose, portandole alla luce, ma è solo nel rapporto con l’altro, nel suo spazio di ascolto, che lievita un senso.

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copertina Intervista Libretto

«Verso una zona più limpida dello sguardo»

Ciò che sta avvenendo è una sorta di ritorno a un’unità primigenia, a una stazione dell’essere dove la parola è il movimento e il respiro della materia. Una frase sta iniziando proprio alla fine di questo Libretto. È forse quella impronunciabile, che contiene e assorbe tutta l’esistenza di un uomo. Quella che affiora tra labbra chiuse, prima di partire per il grande viaggio.

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copertina Il privilegio di essere solo sguardo

Il privilegio di essere solo sguardo

Ogni verso affiora da una faglia che si apre in noi. Il nostro compito è vegliarla, fare in modo che non venga ricoperta dai doveri della giornata. Nutrirci di silenzio come le piante di luce. Sostare quanto più ci è concesso in una condizione di soglia, dove può affiorare la vita con il suo incanto. Per questo amo i lunghi treni regionali e la pioggia, il privilegio di potere essere solo sguardo.

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Poesia, lingua madre

Poesia, lingua madre

Credo che la poesia sia una voce che ci attraversa. Per questo scrivo sempre cominciando con il carattere minuscolo. Io non sto iniziando niente. Ho soltanto colto qualcosa che balbetto in questa lingua monca, che si sbriciola e spezza nel silenzio.

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copertina "Poesia e contemporaneo"

«Mio secolo, mia belva». Poesia e contemporaneo

Oggi, se qualcosa non brilla sugli schermi non è, almeno così spesso ci sembra. E invece il saggio di Agamben ci aiuta a riposizionare lo sguardo, perché il contemporaneo è cecità, non è visione. Il poeta non è Calcante, non è colui che vede il futuro, ci illumina, ci guida. È uno che nel buio cammina. Nel buio, con le mani avanti tasta e cerca e quindi sbaglia, cade, finisce nel pozzo, cade nella faglia, ne riesce e racconta qualcosa, ma è nel buio, balbetta

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