copertina silloge Flavia Fratini

Alcuni testi inediti di Flavia Fratini, da una silloge che è anche il suo esordio, Traversia. Attraverso alcuni laboratori che ho condotto quest’anno, tra cui Passandoci il cuore per Feltrinelli Education, e Poesia, lingua madre per il Teatro Valdoca di Cesena, ho potuto assistere a quel processo lento e insieme di pochi istanti di grazia, che porta ciò che a lungo oscillava e si dibatteva, a depositarsi infine in una forma. Da questo lavoro che è insieme solitario e di una piccola comunità, i versi di Flavia Fratini sgorgano nella loro necessità, come un rivo d’acqua da un’incavo di roccia: nell’oscura incandescenza di una ferita che risplende.

1

Accendo gli occhi e sono cava, 
una scocca di stelle cucita addosso. 

Io punta di spillo, luce danzante 
tu fodera dell’universo,
con ago e filo abbiamo imbastito 
la soglia dorata del paradosso




2

L’osso cresce
intorno a vuoti siderali.
Calcificazioni in stato di grazia
–	un sudario minerale
che avvolge cuore, fegato, milza
quando camminare sulla terra
rischia di essere fatale
Traversia




3

Ti riconosco
sul profilo sonoro delle montagne
nella fiamma bianca delle finestre accese 
dentro il nodo della corrente
che piega il fiume
–	dura, come il frutto duro del noce, 
cuore e molecola di tutto ciò che è armato




4

Frane ricamate
da un raggio di sole         
Alla vetta saranno solo
trucioli ghiaia 
passi accidentati

È il maestoso sfacelo
che fa grande la montagna




5

Le dita strette
attorno alla coda del crepuscolo
–	che il cielo ti sia lieve, bambina 
chiuso nel tuo zainetto
di plastica e merletto

Dentro:
Nocciole
la guerra intera
il mortaio del volo 
la freccia furiosa
l’inganno lucente 
sputato sulla strada come una preghiera




6

Espandere il torace
affondare la prua
nella vita
è questo il tuo compito
piccolo coleottero




7
Lezioni di volo

Un esercizio da funamboli
stare intera in questa pozza di luna
ti accarezzo di rabbia
tu obbedisci, curva mansueta
Le grida delle luci avvertono gli uccelli:
carambole metalliche annunciano
il furto del loro grandioso trapasso
Sono qui i leoni – profili resuscitati al neon
Poveri pennuti!
Povere carlinghe col mal d’aria!




8

Le stelle mi pungolano gli occhi 
nella notte fratturata 
dal frinire degli insetti




9

Col dito seguo l’orlo del buio, finché si perde nell’ultimo fondale. Il cuore di burro, affonda ogni calore residuo, scava il suo posto. Così comincia la grande apertura, il magnifico spavento. Avanzo nel buio, il buio avanza. Scanso le bestie più crudeli, le sentinelle armate, chiudo una per una le porte. Basta che cadano nella coda dell’occhio e il passo si perde, si torna a galla.
Frammenti spaesati di una conversazione mi sono rimasti impigliati tra i capelli, sulle labbra. Si ripetono in una giostra di perle sonore.
Il sole ha compiuto il suo giro, mi ha lasciato sotto le palpebre un mosaico di figurine, ombre, arabeschi: lo sguardo bagnato di un passante, il contorno doloroso di un guaito, la piccola morte di una parola, la bocca all’ingiù di una sorella di strada. In questa penombra i grandi fiumi si incontrano, le acque si mescolano, ci immergiamo nella morte fino alla vita. Le ore di veglia sono sciacquate nei sogni. In quel passaggio lunare non siamo che un confine scavalcato.
A minuti un sussulto, e il battito ruzzola giù come una valigia abbandonata. 




10

Ero nata sospesa  
la promessa del vortice in una scarpa,
la manina avvinta al fiato celeste
che incontra in cima il maestrale:
un giorno mi sono svegliata, 
una matita spuntata da fatti impazienti.
Ho chiesto alla montagna se potevo salirla ancora:
ha gettato a valle polvere e lacrime.
Ero intera: mi hanno dispersa. 
Ma non sono spezzata
fracassata 
in frantumi
io sono il fango
nel fango riemersa.




11
Ti porterò – minima, indistruttibile –
tra la nuca e le scapole
sotto le palpebre strette dal respiro acceso
Ti porterò, tenerissima e assolata, 
come si porta l’eterno delle cose perdute,
rotte: un osso, un’unghia, il labirinto
della memoria, tracce
rotte dentro la tempesta




Foto di Flavia Fratini 

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