Alcune poesie inedite di Tommaso Papais, dalla raccolta inedita Cronologia e dal recente seminario online di scrittura e meditazione, Poesia, lingua madre
Cammino e non desidero
altro che camminare.
Un piede bacia la terra
un altro la saluta, compie un arco
preciso e smisurato:
un attacco, una durata
continuo movimento.
Un rilascio, uno squilibrio:
un salto verso il vuoto.
*
La fiamma di questa candela
tenuta fra le mani, vibra
del mio respiro, io del suo
e d’altre correnti nel cielo della stanza
che trasforma in giravolte, in danza.
Dal centro del lago bianco cantiamo
con gli occhi il luccichio di un’alba
sorgere dall’orizzonte del muro.
*
Come questa candela penso e brucio.
Mi consuma l’incontro
con l’aria mentre nutre.
Cerco uno slancio verticale
luce che orienti
anche se non vista, di spalle.
Mi salva la fiamma, quando mi accende
così come il soffio, quando mi spegne.
*
Vecchio castagno centenario
dal tronco cavo e mutilato
ricoperto d’edera e muschio
attorno alle sue ferite ritorto.
Nutri in segreto tue foglie rimaste
e questo tuo starti muto ricorda
il canto sommerso dell’uomo.
*
Schietta robinia abbattuta dal vento
rami impigliati tra i rami degli altri
monche radici penzolanti
sei come nuda e fuori posto
così protesa, vibri piano
e il lembo di terra che porti con te
è un continente sospeso nel vuoto
che impercettibile si va sfaldando.
Se come in alto così in basso
Allora la morte è di lato, accanto.
*
NENIA DELL’ALBERO DEI SIGARI
Cascano senza grazia le foglie
dall’albero dei sigari.
Cedono e schiantano a terra
e io non so trattenerle
nel solco nero dell’iride.
Allora penso al mistero
del come si cade: cadere.
*
DAL FITTO
Insiste nell’aria dal primo mattino un ronzare
di acuti nervosi, scattanti.
Si incide nel silenzio fino a sfibrarlo
su un basso continuo di bulldozer
con lungo braccio munito di granchio.
Procedono nel fango, calpestando rami
vanno accatastando alberi interi.
Motoseghe stanno amputando il bosco
uomini con sigarette fluorescenti giubbotti
cuffie antirumore. Non sentono i richiami
concitati di allodole
quaglie, averne, saltimpali
il tramestio di zampe
di insetti e roditori
e non si curano delle altre voci
che accorrono sotterranee dal fitto.
*
QUEL CHE RESTA
Cataste di tronchi, ammucchiate ramaglie
contorte scie fangose lasciate dai cingoli e già ricoperte di foglie.
Migliaia di anni in cerchi concentrici intorno al ramo madre
vita segreta alla pioggia coi segni delle catene.
Si stagliano ancora isolati i più alti, già monchi
segnati con tratto di rossa vernice alla base.
Ma si compie, si compie comunque la legge del seme
spuntano dal sottobosco foglie verdissime e nuove
rovi fioriscono bianchi e rosa.
*
Sotto le dune di Sossusvlei
sognando un’origine riposano
gli ultimi giganti del mare.
Piegano appena le pinne dorsali
respirano flebili costole e branchie.
Lingue sottili scrutano sabbiose
il nostro passaggio: le impronte
somigliano a schiere di ali abbattute.
Passa e ripiana
un turbine di paglia.
Foto di Tommaso Papais