
John Taylor, “Transizioni”
come un uccello
preso al laccio in una trappola
geometrica
conosci solo il desiderio
di volar via dalle forme
come un uccello
preso al laccio in una trappola
geometrica
conosci solo il desiderio
di volar via dalle forme
Chi resta
impara a nascondersi. A non essere niente.
Fingere le ipotesi. Le cose non accadono
a quelli che spariscono.
io sono seduto nella sua pioggia di spore
sognando di essere una montagna e sento
il cielo tutto intorno, intoccabile, pieno di
stami, liquido come un torrente, coagulato
come l’universo prima della mia comparsa
Saremo oltre lo schermo
senza connessione
con gli occhi aperti al buio
nel luogo dove eravamo
prima di venire al mondo
e io strappai dall’acqua opaca
il mio cervello zuppo
e lo tenni lì, sospeso –
lo vedi, ora? –
come tenne Perseo
la testa di Medusa,
ma senza orgoglio
e senza idee.
Stavano lì, con le mani sui vetri che si appannavano con i loro fiati; ogni tanto credevano di vedere qualcosa, di sentire un movimento, ma era il loro stesso battito cardiaco, il suono del loro respiro che riecheggiava nell’oscurità. Piano scendevano dal gradino e in punta di piedi tornavano a casa.
Era da queste parti
dove dicevi che sono nato,
la piega dei fogli che ho letto e gli steli
del grano d’estate, la terra
I read lying down, the book on my chest
is my third lung
opening, closing again.
Like an amphibian I was on the shore.
Nuotiamo al buio dove la corrente è fredda.
Il giorno a Nord è già finito.
Se chiudi gli occhi puoi sentire
la sazietà del corpo immerso nell’acqua.