
Viviana Fiorentino, “In giardino”
E tornai a questi cieli,
tra le luci del Nord,
tra le betulle bianche,
trafitte nella terra.
E tornai a questi cieli,
tra le luci del Nord,
tra le betulle bianche,
trafitte nella terra.
Eppure ogni momento si confonde qua.
Di conseguenza non c’è nessun momento
ma solo una colonizzazione della mente—
dissotterra la vita—sostituiscila—
è stata sostituita—grazie—
Siamo la metafora
che si può spezzare,
siamo pane.
Siamo la sua stessa metafora
che si può moltiplicare.
L’amore non fa tappe,
l’amore non è mite,
l’amore ci collega senza rete
per tutta quella luce sprigionata
da slanci e intermittenze
E allora potrai nasconderti
e io ti verrò a cercare
e faremo della morte una tenda
azzurra da portare in lavanderia
per quando andremo a vivere
insieme.
nel dire di una trasformazione di materie, liquefacendosi, scostante nello spostamento, nello strappo… – un amore più grande di quello tra me e voi, te e me nella specie, acqua su acqua – Remo Pagnanelli, Atelier d’inverno, a cura di Franca Mancinelli e Rossana Abis, introduzione di Roberto Galaverni, con una nota di Milo De
Un bambino di mezzo secolo, arbusto cobalto, più non cresce né muore (l’ombra pure lo preserva)
ha sepolto nel giardino dirimpetto padre madre e un gatto.
but cruel waves come
from nowhere, tipping boats,
slapping harbour walls.
The lake speaks to me
and I must listen.
Mi vesti di bianco
alzo polvere con i piedi scalzi
apro le braccia
tra le spine delle tue rose
assaggio la terra
rubo all’erba lucertole
devote
Lavoro controcorrente
sui taccuini della notte.