Veronica Tinnirello, “Mappatura dell’idrogeno”
lo sapevano ancor prima che succedesse. l’addio
è un soprammobile avvolto dalla carta di giornale in uno scatolone.
un fotoritratto in un luna park di Chernobyl.
lo sapevano ancor prima che succedesse. l’addio
è un soprammobile avvolto dalla carta di giornale in uno scatolone.
un fotoritratto in un luna park di Chernobyl.
“È già tempo di neve, amico mio,
e le stagioni prossime a finire.”
Siamo reti sospese sull’abisso.
Figlio mio,
dormo sul fondo del fiume
e ti sento
mentre passi sul ponte
è anche per te che dormo nel linguaggio
e quando parli mi risvegli
il mondo sarà bello
e non ci sarà altro che amore
a te donato in eredità
si piega, il naso sulle ginocchia, si stringe, si stringe le costole se non lo tiene, se non lo tiene stretto al suo interno
esce il rantolo di bestia
Si rigenera anche il Dio della Foresta se continui,
la ninfa dopo l’uccello di fuoco.
Cosa non ha detto dopo quello che ho detto?
Ascolti e rispondi per sempre.
La speranza non è del futuro ma è dell’invisibile. Di quest’altra dimensione che è già qui, che è tra di noi
Ci spezziamo
questo è un cerchio impresso da un sasso
si allarga svanendo – mi getti addosso la tua scorza
divento uno scoglio divento
una collina nell’acqua
ciascuno è a letto,
con le dita che si intrecciano, ricopia
di cellula in cellula
le proprie informazioni, dentro
la sua mente, come una traccia lasciata
nella speranza di perdersi, per sempre.
fu un atto levigato, di un migliaio di anni
noi ci guardammo da un mare all’altro
poi fummo su una stessa cima
perfettamente uguali.
cercavo la voce che dice
io,
io soltanto
oltre l’eco dei padri e delle madri
l’eco di tutti i figli
nella stanza vuota.