Saremo oltre lo schermo senza connessione con gli occhi aperti al buio nel luogo dove eravamo prima di venire al mondo e di cui non ricordiamo nulla. Materializzazione In un sonno sdraiato nel vuoto una luce senza occhi svela volumi che stento a riconoscere ma sento già l’aria entrare nella placenta. Ormai è quasi giunto il momento dagli argini debordano gli eventi e fra poco inizierà il tempo. Si consuma l’ultima dose d’aria la testa s’infila nelle maglie del mondo e sulla soglia del senno prima che il pianto liberi la luce non c’è tempo per chiedersi se tutto sia già pronto per imboccare la strettoia e insaccarsi nella realtà dall’urlo simmetrico della madre. Scegliere un attimo anziché un altro quasi sempre sbagliato. C’è qualcosa che manca che non c’è ancora che per anni non è stato detto o è stato detto male e non si è avverato ma forse è solo la solita apertura sul nulla. Intanto quanta luce è entrata le distanze si sono smisurate e l’istantanea è uscita mossa. Il modo che abbiamo di avvicinarci quello invisibile di allontanarci lo spazio temporale che guardiamo smarginarsi chiusi nel perimetro delle solite mete disseminate nella memoria da rintracciare per tornare nei luoghi di sempre. La finestra spalancata fin dentro al tuo orbitale il silenziamento dei rumori nel giro a vuoto e la sosta del vento all’ultimo piano fra gli stati delle cose che solo a un tratto a una certa angolatura potrebbero manifestarsi a ritroso fino al cronotopo precedente alla vita. La grande faccia cieca ci spia nell’assoluto participio presente ma tra le luminarie già vedo le sembianze degli anni scorsi risalire fino ai passaggi smarriti: la prima media, il secondo bacio il terzo rimprovero, il quarto starnuto il quinto minuto di recupero. Interrogo il granito la polpa cava e solida del grande sordomuto. L’inespugnabile ha pensato troppo forte ma torna a mimetizzarsi nella sua stessa intramatura. Poter bucare il fondo, aprire una breccia nell’enigma della presenza anonima! Prima o poi commetterà un errore e ci ritroveremo nell’ubiquità dove tutti ci diamo appuntamento. Quando da tutte le direzioni sottrarrà spazio l’altra dimensione avverrà la trasfusione inversa e sarà di nuovo lo scambio dei corpi, un cercarsi inutile nel vuoto.
Jacopo Curi, L'immagine accanto, Arcipelago Itaca, Osimo 2019
Foto di Francesco Ventura