copertina poesie Riccardo Frolloni

Riccardo Frolloni, sei poesie da “Corpo striato”


Sogni 1
 
Era lungo la scarpata e i massi e la merda delle vacche
e procedeva bene, a passo svelto, diritto di schiena, nell’aria
leggera della montagna, ognuno attento ai propri piedi
col sudore sotto la camicia e il fiatone, il mal di gola,
nel sonno devo aver perduto la coperta, slabbrato il pigiama
o dimenticato una finestra aperta, così uno spiffero,
un rumore dal fondo delle campagne s’intrufola,
diventa subito un fischio, mio padre già in cima
del primo promontorio, ce ne sarà poi un altro
e un altro ancora, ma neanche una parola, aveva il volto
sereno, da uomo, mi ammoniva di salire, di darmi
un tono, ma io arrancavo, passavo da altre parti, lo perdevo,
lentamente gli altri scomparivano nelle nuvole
o dietro ai sassi, io pure mi facevo più bianco con la pelle
fredda di sudore, mi dicevo non svenire ora, resta sveglio, svegliati.
 
 
 
 
Movimenti 1
 
Ci fecero uscire tutti dopo l’ultimo sguardo,
non avevo mai visto il giardino così, la gente
 
stava in piedi dappertutto, guardavano noi
mezzi scemi, rimbambiti dal piangere, allora
 
davvero qualcosa era accaduto, prima
la macchia, il cielo, i pioppi intorno, gli stessi –
 
c’era mia sorella ad aspettarmi e con un respiro
raccolsi tutta l’aria di casa, ed era ancora casa.
 
 
 

Materiali III
 
Lavorare come un somaro tutto il giorno e poi la sera
quella sera dolce e pungente di soffioni e cicale, cinghiali, te la fai a piedi
nel buio assoluto della campagna e delle stelle per arrivare al paese e l’unico posto
aperto di notte, l’osteria da Porverò, che ancora esiste, non fosse che le ombre
ancora aleggiano e sbevazzate, il gioco della morra e poi le botte
quelle schiette date di santa ragione, quelle che fanno schiocca di dita
e tornare a una certa che domani
è un altro giorno, se dio vuole.
 
Mi raccontano di un giorno di neve spessa e nessuno tornava,
la mattina immagino il silenzio e il freddo, mia nonna, la ciociara,
a cercarlo giù per i campi, rifare la strada all’indietro, nonnu Frollò
 
in un cratere di neve, ubriaco fradicio lungo sul greppo,
poteva morire assiderato, ma prima, i corpi di prima,
erano un’altra cosa.
 
 
 

Movimenti V
 
I primi a soccorrermi furono i poeti, mentre corro o volo
come in tanti sogni faccio salti grandissimi e posso con niente
raggiungerti,
                          io posso
 
ma tu non muoverti, resta a casa, fai
le cose che ci sono da fare, domani
sarà un altro giorno lascialo andare,
non interrompere il giro miserabile –
 
                              non esserti docile –
 
col collo spezzato mi dicevo vedi
non trovi in fondo a te una parola,
 
ma a parlare con un morto
perdi il pieno delle mani.
 
 
 

Materiali V

Vendevano elettrodomestici, batterie, lui
lo chiamano Brionvega, perché vendeva quei prodotti
 
chiusero i battenti quando Nilla s’è ammalata,
non si fanno più vedere in giro, lei dorme
con il pannolino, non lo dice, il Parkinson
 
in confidenza, da donna a donna, parla
della testa, di una ferita al corpo striato, lo dice
come una vergogna, al corpo striato,
                                                   la notte
non riesce a trattenersi, si muove,
                                                   il movimento
che solo la morte può zittire.




Sogni V
 
Un giorno ti porterò quassù dove si vede
un panorama bellissimo, le vallate tra i monti
 
ci affacceremo all’alba con la quasi luce
sarà come vedere un film lentissimo e farà freddo,
 
è qua che voglio essere seppellito,
                                                   ricordo da piccolo
 
una quercia carbonizzata da un fulmine, rimase lì per anni
e ancora nell’ambra della mia memoria,
sarà così questa morte, mi prenderà alle spalle
sarà una morte normale,
 
questa mattina
non deve mai iniziare, parlami di te un po’
                   la volpe s’è appena addormentata, la notte è stata lunga
 
il cimitero non ha spazi, puoi leggere tutti i nomi
 
torniamo a dormire che è ancora presto
torniamo a letto.




Foto di Riccardo Frolloni

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