copertina Fedro Fioravanti

Fedro Fioravanti, “Preghiera al mammut”

Alcuni testi di Fedro Fioravanti (Lugano, 2003), dalla silloge Preghiera al mammut, vincitrice del premio Esordi pordenonelegge 2025. La cerimonia di premiazione è al festival pordenonelegge, sabato 20 settembre alle 18:00, alla Libreria della poesia di Palazzo Gregoris, insieme agli altri due vincitori, Maria Teresa Rovitto e Matteo Vavassori, e alla giuria del premio (Roberto Cescon, Azzurra D’Agostino, Tommaso Di Dio, Massimo Gezzi e me).

Preghiera

Sappiamo che non possiamo
capirti, ma sii generoso
concedici il colpo.

Abiteremo le tue ossa candide
abiteremo il tuo manto caldo
e in noi abiterà la tua carne.

Perdona la nostra violenza.

Con gratitudine ti saluteremo
grideremo alla neve e alle nubi
il tuo nome inconsistente.

Torna ai tuoi oscuri sentieri
noi ti faremo luce dipinta
nel buio non ti scorderemo.



Come un embrione
dal mare amniotico voci lontane
sento la vita umana vicina
alla neve che splende

lontana sui monti in forme pure
in città e tra le strade muore
in acqua e stretta ai margini
grigia di pioggia.



Les tabor marocains di San Fiorenzu

Guardano al mare che li ha visti
morire, lasciati
a sole e vento e sale

lapidi semplici tra erbe
infestanti e nomi gettati
in un alfabeto non loro.

Ma c’è un muro tra loro e il mare.

Scrivere i loro nomi qui
forse sarebbe sussurrare il vuoto
che sono diventati

e non scrivere i loro nomi
forse sarebbe lasciarli ancora più
sprofondare nel mare o nel sole.



Frammenti da un servizio militare

1.
Il biancore di narcisi e betulle
nella polvere da sparo

nel frinire dei grilli
spari sordi dai boschi.

6.
Cercando di salvare una falena
da un pavimento sporco di piscio

nel bagno di una caserma
le ho rotto un’ala

ora in balia di un vento sbatte
le ali senza volare

di un grigiore che ricorda
una pietra che frana.


7.
Le cose si promettono.
Ne cresce la verità insignificante.

L’acqua non è buona
come sarà dopo
non è dolce il calore del sole
come sarà dopo.

Il futuro assomiglia alla macchia
scura e vecchia del lago.

Tutto attorno come attratte
da un buco nero parlano le luci
del presente, l’acqua tace
l’umanità sembra altrove.



Dello zio del prozio, emigrato
in Svizzera tedesca, beone
e della bisnonna della madre
stuprata nelle vigne e demente

madre di un figlio finito a Como
che vecchia bastonava i bambini
con le müdanda in cò
di altri antenati

bisbiglia ora il ricordo
e nel vino e nel frassino, nei grilli
e negli scalmán tra le nubi nere
nel dialetto dei vecchi.



Rivelata dalla luce una danza
di moscerini in una loro armonia
assurda, mentre in sottofondo ronza
l’elettricità della ciabatta e sciaborda

la lavastoviglie. Niente o nessuno
tra loro è meno reale dell’altro
e dell’altro niente o nessuno
ha meno senso.



Da una veglia scout

Troppo facile e impreciso dire
che quei ragazzi siano una costellazione
luci sparse su un prato nella notte.
Vivono un tempo diverso che solo sfiora
il freddo affetto del Carro o di Cassiopea.

Più simili sarebbero se mai
ad alberi o falene, crescendo vicini
incrociando fronde e radici, volando
molte volte confusi. In un buio
che capiscono per tratti e scorci.

Ma il giorno dopo, in treno
dormendo o chiacchierando
li culla la stessa luce alta
e calda che colma di vita
i prati e i boschi di montagna

[…] 
Lo sguardo di Fioravanti si confronta con la negatività del presente, registra nitidamente la violenza dell’uomo sulla natura, ma conserva la fiducia in una possibilità di bene, un’adesione alla vita. La Preghiera al mammut che apre la silloge è emblematica di un legame primigenio, dove la violenza è compresa in un contesto rituale: è tramite di nutrimento e acquisizione della forza animale, trasformazione della sua presenza in segno, in gesto che rigenera. Al polo opposto, c’è la violenza annientante dei Frammenti da un servizio militare, dove gli animali e gli insetti (cerbiatti, una salamandra, cince allegre, grilli, falchi, una falena) sono vittime e testimoni inermi di un agire distruttivo che si svolge come «una farsa».
Torna in questi testi il «niente e nessuno» su cui tanto Novecento ha concentrato lo sguardo ma, attraverso l’insegnamento di Fabio Pusterla e di Franco Fortini, emerge la natura con la sua energia vitale, come sorgente di una possibilità effettiva di affidarsi all’esistenza […].
Al centro di questa silloge c’è l’immagine ricorrente di alcuni insetti e in particolare di una farfalla notturna, emblema di un istinto vitale che si scontra con un impedimento, di un inganno che volge il richiamo della luce in autodistruzione. C’è una falena che inutilmente l’autore cerca di salvare «da un pavimento sporco» e in cui può riconoscere i suoi coetanei, “in volo confusi”, e il presente dove «attratte / da un buco nero parlano le luci». Vettori di una forza contraria e portatrice di speranza, le congiunzioni oppositive (ma, eppure), ristabiliscono un varco. Per la zanzara imprigionata contro il vetro, così come per i ragazzi in viaggio in treno dopo una veglia, resta la possibilità di liberarsi, di andare incontro a una luce che accoglie «alta e calda».



Foto di Rosapia Araneo

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