copertina Rossana Abis

Rossana Abis – “La parte mancante”

 E videro la voce 
(Esodo, 20, 18)
 
 Scomparendo ritrovasti 
 le assi, le coordinate
 del diagramma che fu cerchio 
 alla visione,
 il planisfero del dolore
 recava segni ascisse e trafitture, 
 l’indeterminato lo girava 
 paziente tra le dita
 a scoprire nella mappa 
 le ferite della vita.
  
  
            
  
  
 Tutto è compiuto 
 ancor prima
 che accada.
 Cos’è accadere
 se non l’orma che precede 
 il passo che affonda?
 Combacia sempre la forma 
 col peso di un’ombra.
  
  

  
  
 Quel che deve arrivare 
 deve venire da sé 
 come eco che giunge
 e ritorna fedele alla fonte: 
 temere che la mano non scorra 
 lungo la linea – confine
 che divide lo spazio 
 per unire il corpo alla voce.
  
  
 
  
  
 Le cose giungono dal nulla
 al momento più opportuno 
 non cercarle è il segreto 
 della loro apparizione.
 La parola magica 
 che schiude la porta 
 è dimenticanza 
 quando cessata
 è ogni speranza 
 e oblio è l’unica memoria
 delle cose perdute 
 che ritornano.
  
  

  
  
 L’attore è stanco
 si accascia sulla scena, 
 ogni oggetto sul palco 
 ripete le battute
 al posto suo.
 Stanchezza dei mondi 
 caduti: risorge
 solo ciò che parla 
 senza ricordare.
  
  

  
  
 Siamo creati da gesti 
 ripetuti all’infinito
 a tempo definito
 tra l’uno e l’altro il sonno 
 in cui non siamo,
 la legge che è natura 
 il punto di sutura 
 tra noi e la morte.
  
  
  
 
 
Rossana Abis, La parte mancante, Smerilliana, n. 22, 2019.   
Un'altra silloge, Voci della presenza, è apparsa con una mia nota 
sul mensile Poesia, XXIII, n. 326,  maggio, 2017. 
 
 
Foto di Rossana Abis

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