Più nulla da perdere di Najwan Darwish (Gerusalemme, 1978), è in uscita per Il Ponte del Sale, con postfazione e traduzione dall’arabo di Simone Sibilio e una mia nota critica. Già tradotto in inglese, spagnolo, croato, macedone, questo libro è la prima opera di Darwish disponibile in italiano.
Decollo In decollo dalla terra non hai altra via di scampo che l’atterraggio atterrerai in piedi o a testa in giù, atterrerai anche se esploderà l’aereo atterrerai, in resti o in atomi perché sei inchiodato alla terra, la tua piccola croce. Testamento Io sottoscritto, battuto dai sandali del sole, richiedo ai miei tanti eredi di rilassarsi nel giorno della mia morte di dimenticare a turno e chiudere gli occhi all’idiozia del ricordo. Sono stato soltanto un uccello che credeva di solcare il cielo ed ecco il cielo, candidamente morto. Fate turni nel dimenticare e rilassatevi. Paese Anche io combatto sul tuo suolo con me stesso e nel sogno combatto sul tuo suolo con il sogno e se un giorno mi svegliassi combatterei sul tuo suolo il mio risveglio. E in ogni caso, il vinto sarebbe il vincitore. Recito la parte Recito la parte che un po’ vi piace, poi mi getto nell’infernale metro del sonno e sento solo vagoni su rotaie li sento e non li sento li sento e non li sento svanisco e resta solo un treno che apre il terrore nell’inferno del sonno e io che non sono nemmeno testimone a occhi chiusi osservo l’ignoto e svanisco di nuovo l’infernale metro del sonno senza rotaie frana a rilento in silenzio tra i pianeti. Adesso Dio, trasformami in un liuto che suoni per il corteo di chi marcia a testa alta per chi ritorna dalla morte come se non fosse morto. E spaccami, Signore, quando la musica sarà finita e sarà andato a dormire anche l’ultimo dei presenti alla festa del raccolto. Ma se non lo merito, Signore spaccami adesso! L’obelisco A Umm Kulthoum Quando la più grande cantante del suo tempo si recò a Parigi per un concerto di solidarietà per il suo Paese appena uscito da una guerra disastrosa, (si disse che il compenso da lei ricevuto e devoluto al Paese per gli sforzi della guerra sia stato il più alto compenso mai pagato allora ad una cantante), rilasciò una sola intervista televisiva. Quando la conduttrice le chiese cosa l’avesse colpita di più della ville lumière, come la chiamano, rispose con un sorriso ammaliante: l’obelisco egiziano. L’anima della contadina egiziana era più grande di ogni città come più grande di ogni poeta è quella dell’operaio che vive in me: sorride inebriato dall’elogio dei suoi antenati, gli scultori di quell’obelisco. Il mondo sarà bello Figlio mio, dormo sul fondo del fiume e ti sento mentre passi sul ponte è anche per te che dormo nel linguaggio e quando parli mi risvegli il mondo sarà bello e non ci sarà altro che amore a te donato in eredità come fardello sulle spalle condividilo e “scomponiti in tanti corpi” come ‘Urwa bin al-Ward, il figlio delle rose (perché anche tu non hai padre a parte le rose). --- Figlio mio, c’erano città frammentate e squallore ovunque vieni, andiamo nella foresta sali sulle spalle, avanti, torniamo all’origine vieni e ridiamo insieme ripuliamo i fiumi con le nostre risa nella foresta, nessuno ci condannerà per la felicità. --- Figlio mio, mi sei mancato alla vigilia dell’ʻīd al-aḍḥā avresti amato queste lanterne oscillanti durante le lodi del Profeta mi sarei svegliato all’alba per ascoltare gli inni è per timore o gioia che mi stringi le mani? Non temere, qui non ci perderemo. Mi sono svegliato di buon mattino, per te riconciliandomi con la Festa. --- Aldilà di questi anni aldilà dei Paesi e di ciò che occultano le mappe mi prendo cura di te come fai tu con me dormo sul fondo del fiume e ti sento passare. Note: Umm Kulthūm (1898-1975) è la più celebre cantante araba del Novecento. Egiziana e di origine contadina, ha rappresentato un fenomeno di massa, incarnando attraverso il canto i più elevati valori dell’arabità. “scomponiti in tanti corpi” è un verso di Urwa bin al-Ward, poeta brigante vissuto in epoca preislamica; il suo nome alla lettera significa “Figlio delle rose”. īd al-aḍḥā, “Festa del Sacrificio”, è una delle maggiori ricorrenze islamiche celebrata in occasione della fine del pellegrinaggio annuale a Mecca. Foto di Samuele Bellini