Estratti dal libro di Marta Agudo Historial (Calambur, Madrid 2017), Traduzione dallo spagnolo di Franca Mancinelli, «Soglie», XXI, n. 1, aprile 2019, pp. 16-29.
Il giorno quindici di maggio alle dodici e mezza uscì dalla visita con le parole “malattia senza tregua”. Il giorno quindici di maggio all’una meno venti prese un caffè da sola perché tutta la verità risulta intrasferibile, e il dolore, che solo conosce il presente, si accomodò d’accordo al suo disegno.
El día quince de mayo a las doce y media salió de la consulta con las palabras «enfermedad sin tregua». El día quince de mayo a la una menos veinte tomó un café a solas porque todo lo verdadero resulta intransferible, y el dolor, que sólo sabe de presente, se acomodó de acuerdo a su designio.
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E mi nomini, malattia, però non riesco a vedere il tuo percorso. Porta senza serratura, dovrai accantonare l’animale che poté vivere un azzurro più veritiero. Scuse luminose, è arrivato il momento di affrontare le chiese. La stanchezza dei rosari non basta a impiccare l’incertezza di un fegato che sanguina e superbo ignora il paradosso dell’innocente: se vivere ormai implica morire, per cosa questi sorsi di nulla preceduto.
Y me nombras, enfermedad, pero no alcanzo a ver tu itinerario. Puerta sin cerradura, habrá que arrinconar al animal que pudo vivir un azul más verdadero. Excusas luminosas, ha llegado el momento de enfrentarse a las iglesias. La laxitud de los rosarios no basta para ahorcar la incertidumbre de un hígado que sangra y soberbio ignora la paradoja del inocente: si vivir ya implica morir, para qué estos sorbos de nada precedida.
* Democrazia nella sua faglia. L’uguale smette di esserlo nel secondo esatto della malattia. Forme diverse di ordinare le date: giorno più – giorno meno davanti al muro esatto. Percuotere un racconto. Forse sarebbe stata preferibile la pillola trasparente del non nascere… Democracia en su falla. El igual deja de serlo cuando el segundo exacto de la enfermedad. Formas distintas de ordenar las fechas: un día más – día menos ante el muro preciso. Percutir un relato. Acaso hubiera sido preferible la píldora transparente del no nacer… *
Addestrata all’arte della sparizione, strofino i miei petali di cancro per saziare la fame nella vendemmia. È assicurata la rissa, e anche il responsabile del trionfo. Palpo allora il vuoto crescente, le crepe che accampano nella pelle. Accorciano la loro distanza, e dove prima crescevano palme oggi ritardano le gru. Non rimane spazio per l’uccello né per il suo nido. Sento il bruciore del volo, un’ala che si affila nella sua pianura.
23 marzo 2005, morte di Lucrezia
Adiestrada en el arte de la desaparición, froto mis pétalos de cáncer para saciar el hambre en la vendimia. Está asegurada la reyerta, también el responsable del triunfo. Palpo entonces el vacío creciente, las grietas que acampan en la piel. Abrevian su distancia, y donde antes crecían palmeras hoy se retrasan las grullas. No queda espacio para el ave ni su nido. Oigo el escozor del vuelo, un ala que se afila en su planicie.
23 de marzo de 2005, muerte de Lucrecia
* …Scrutare il campo semantico di ogni addio. Vocabolario chiamato a censurarsi. Meglio che “malattia”: ragno che prima percorre la parete, poi le tue mani per tessere infine la sua tela nel buco che sta a metà tra le amigdale. La vescica comprende, il fegato lo conferma… la bile ha dispiegato i suoi occhi e tutto è distributore di gialli. Il “prima” e l’“adesso” sfocati… Quando hai iniziato ad ammalarti, regione ormai per sempre inappellabile? … Escudriñar el campo semántico de cada despedida. Vocabulario llamado a censurarse. Mejor que «enfermedad»: araña que recorre primero la pared, luego tus manos para finalmente tejer su tela en el hueco que media entre las amígdalas. La vesícula comprende, el hígado lo confirma… la bilis ha desplegado sus ojos y todo es surtidor de amarillos. El «antes» y el «ahora» difuminados… ¿Cuándo empezaste a enfermar, región ya para siempre inapelable?
Quattro tempi I Si versava la vita ai lati e sciame di delfini sorpresi. Pensarono che fosse il mare e la sua aridità li prese di sorpresa. I pentagoni (nessuno li aveva avvisati) non sono stanze confortevoli, tranne per tre api che percorrono con la loro lingua l’ansia del dolce. Arroganza geometrica. Pensarono che fosse il mare, tanta onda incendiata. I pentagoni non rendevano i dintorni più abitabili e nuotarono per superfici bianche di quella schiuma anfitriona. Pensarono che fosse il mare, ma dove la marea e la sua sintassi. Avanza o mattatoio. Il celibato del delitto si impose all’evidenza e il paradosso alla luce delle lucciole. In tutto questo, uno di loro si fece avanti. Pensò che fosse il mare o l’inganno infantile di chi mai cade malato. Credevo di aver visto crostacei sulle sponde. Epicentro di vulcani senza cratere, ardore di molecole reticolate. Solcò i salatoi, ma ossigeno espatriato. Andò avanti di alcune leghe e nemmeno il più perspicace degli osservatori lo avrebbe visto fermarsi. Credette che fosse il mare e la sua bandiera senza barre né gioghi. Lo confusero con un uomo e fu poco il sangue versato. Il sale assorbe le impronte e nel giro di alcuni minuti tutto restava uguale. Scogliera della devastazione o rupe con osso recente. Si versava la vita ai lati… Cuatro tiempos I Se derramaba la vida por los lados y enjambre de delfines sorprendidos. Pensaron que era el mar y su aridez los tomó por sorpresa. Los pentágonos (nadie los había avisado) no son habitaciones confortables, excepto para tres abejas que recorren con su lengua el ansia de lo dulce. Altivez geométrica. Pensaron que era el mar, tanta ola incendiada. Los pentágonos no hacían el entorno más habitable y nadaron por superficies blancas de aquella espuma anfitriona. Pensaron que era el mar, pero dónde la marea y su sintaxis. Avance o matadero. El celibato del crimen se impuso a la evidencia y la paradoja a la luz de las luciérnagas. Con todo, uno de ellos se adelantó. Pensó que era el mar o el engaño infantil de quien nunca cae enfermo. Creía haber visto crustáceos en los márgenes. Epicentro de volcanes sin cráter, ardor de moléculas reticuladas. Surcó los saladeros, pero oxígeno expatriado. Adelantó algunas leguas y ni el más perspicaz de los observadores lo habría visto pararse. Creyó que era el mar y su bandera sin barras ni yugos. Lo confundieron con un hombre y fue poca la sangre vertida. La sal absorbe las huellas y al cabo de unos minutos todo quedaba igual. Arrecife de la devastación o peñasco con hueso reciente. Se derramaba la vida por los lados… II Da cosa si distingue un passero dal nido, il grigio da un altro grigio che all’essere più verticale manca di disturbi. Approvò quindi il cielo che, senza clausole né condizioni, potesse emergere verso il basso la sua autonomia. Si versava la vita ai lati e nel mezzo della ecatombe nacque un fiume di sabbia. Arenario fatto carne, vetro perplesso. Tutto si mescola quando si intuisce la catastrofe. Il pianeta decifra i suoi codici e il DNA del vento si vanta di essere senza essere; pianto invisibile. Avvicinati e ascolta come si muove la terra. Si versava la vita ai lati e fu lì e allora dove crebbe, senza più motivo che il susseguirsi di un’altra crociata, un albero, il canone del vegetale, l’organizzazione anonima dell’identico. L’identico? Non c’è biografia uguale a un’altra. Apri bene gli occhi e vedrai che spreco di punte contrarie, che morbillo di grigi l’inverno. Si versava la vita ai lati e cinque meteoriti festeggiarono all’arrivo la mattina l’impeto irriverente della spina, la diffidenza fatta strategia. II En qué se distingue un pájaro del nido, el gris de otro gris que al ser más vertical carece de trastornos. Aprobó entonces el cielo que, sin cláusulas ni condiciones, pudiera emerger hacia abajo su autonomía. Se derramaba la vida por los lados y en medio de la hecatombe nació un río de arena. Arenario hecho carne, vidrio perplejo. Todo se mezcla cuando se intuye la catástrofe. El planeta descifra sus códigos y el ADN del viento se jacta de ser sin ser; llanto invisible. Acércate y escucha cómo se mueve la tierra. Se derramaba la vida por los lados y fue allí y entonces donde creció, sin más motivo que la sucesión de otra cruzada, un árbol, el canon de lo vegetal, la organización anónima de lo idéntico. ¿Lo idéntico? No hay biografía igual a otra. Abre bien los ojos y verás qué derroche de púas contrarias, qué sarampión de grises el invierno. Se derramaba la vida por los lados y cinco meteoritos festejaron al llegar la mañana el ímpetu irreverente de la espina, el recelo hecho estrategia. III La maniera di fabbricare spazi intimi narra il corso della storia. Non fu il verde o la densità del pleistocene. Prima che il presente finisse già esisteva questo paesaggio di frange. Nemmeno il sole oserebbe consacrarlo e solo la luna accettò, con l’impeto delle sue articolazioni, la sfida di incoraggiare crescenti maree di sale. Si versava la vita ai lati e solo montagne, sebbene qualcuno disse che al fondo si poteva sentire la memoria di due mari gemelli. Le onde che non si frangono si incistano sulla riva o l’inconscio azzurro di tutti gli affogati. Dolmen, monoliti, circoli dove parlare con la terra a tu a tu. Non ci sono emissari sufficienti per tanta angoscia eretta. Le pietre infiammano gli uomini, che fanno con quelle capanne o scudi in egual misura. L’intersezione del “contro” e del “con”, le vicissitudini della paura. Il circolo placa orizzonti poiché nella curva si perde quanto la retta ha di lancia. Si versava la vita ai lati, ma dio non è mai venuto. Essi continuarono a costruire, con la fede di una notte senza porte, circoli o entrate a nessun luogo, accessi pietrosi all’inconscio, litanie minerali, superfici forse di un cervello incendiato. Tanto inno, per che cosa? Per chi tanta offerta? Non importava il destino ma agire. La neve immaginata da tante mani fredde. I ragni smisero di tessere le loro fastose tele perché nessuno si sarebbe impiccato lì. Ma era importante stare, rimanere in guardia davanti a un cielo sorpreso di non avere messaggio alcuno. Forse era uno scherzo, il sarcasmo del trascendente vestito da scemenza? Fa lo stesso. L’ellissi o la chiave perenne di tutte le serrature. III La manera de fabricar espacios íntimos narra el curso de la historia. No fue el verde o la densidad del pleistoceno. Antes de que el presente concluyera ya existía este paisaje de franjas. Ni el sol se atrevía a consagrarlo y sólo la luna aceptó, con el ímpetu de sus articulaciones, el reto de alentar crecientes mareas de sal. Se derramaba la vida por los lados y sólo montañas, aunque alguno dijo que al fondo podía escucharse la memoria de dos mares gemelos. Las olas que no rompen se enquistan en la orilla o el subconsciente azul de todos los ahogados. Dólmenes, monolitos, círculos donde hablar con la tierra de tú a tú. No hay emisarios suficientes para tanta angustia erigida. Las piedras enardecen a los hombres, que hacen con ellas cabañas o escudos a partes iguales. La intersección del «contra» y el «con», las vicisitudes del miedo. El círculo serena horizontes pues en la curva se pierde cuanto la recta tiene de lanza. Se derramaba la vida por los lados, pero dios nunca llegó. Ellos siguieron construyendo, con la fe de una noche sin puertas, círculos o entradas a ninguna parte, accesos pétreos a lo subconsciente, letanías minerales, superficies acaso de un cerebro incendiado. Tanto himno ¿para qué? ¿Para quién tanto ofrecimiento? No importaba el destino sino obrar. La nieve imaginada por tantas manos frías. Las arañas dejaron de tejer sus fastuosas telas porque nadie se ahorcaría allí. Pero era importante estar, permanecer en guardia ante un cielo sorprendido por no tener mensaje alguno. ¿Quizá era una broma, el sarcasmo de lo trascendente vestido de niñería? Da igual. La elipsis o la clave perenne de todas las cerraduras. IV L’incomunicabilità, il sigillo del tempo o la sordina dell’esperienza. Il nulla o la chiave di tutte le serrature. Ma la vita si versava ai lati, e non si seppe mai per quante leggi di Newton o circoli di Galileo si risolse che l’uomo avrebbe osservato il suo intorno, per quanti pronostici di Keplero ammise di dover morire, per quante sbarre salate il rinascere anonimo di tanta vitalità… Dialogo con la serie fotografica Altas soledades di Cano Erhardt IV La incomunicación, el sigilo del tiempo o la sordina de la experiencia. El nadie o la clave de todas las cerraduras. Pero la vida se derramaba por los lados y no se supo nunca por cuántas leyes de Newton o círculos de Galileo se dirimió que el hombre observaría su alrededor, por cuántos pronósticos de Kepler admitió que habría de morir, por cuántos barrotes salados el renacer anónimo de tanta vitalidad… Diálogo con la serie fotográfica Altas soledades de Cano Erhardt Fotografie di Cano Erhardt, da Altas soledades