Imperatrice Bruno, “Volontà nobili”

Alcune poesie da Volontà nobili, seconda raccolta di Imperatrice Bruno (Ariano Irpino, 2001), vincitrice della sezione “Giovani poeti” del premio San Vito al Tagliamento 2022/023.

da Volontà nobili (NullaDie editore, 2022)

La bocca mia è una penna, 
la saliva inchiostro
sul tuo zigomo liscio 
dosso di pagina bianca:

in un bacio
 si riversa
la genesi dei viventi.




“Mi sto innamorando.”
 dicesti.

Desiderai della mia vita
 fare il punto
sposo della frase.




In quel momento ho l’età dell’erba 
e la mia coscia tremante indica
il primo movimento della mano.

Caro Dio,
nel cuore del mio fiore c’è un uomo
 senza il marchio della morte.




La mia casa è tra le tue costole,
lì mi troverai seduta a fare il giorno, 
a saltare con il tuo cuore.

In tutto il mondo 
in tutto il mondo
sceglierei la tua umana forma come scrigno 
del mio canto, con te voglio essere terra
e abbandonare la terra;
la mia casa è tra le tue costole, 
lì mi troverai a saltare e
a stancarmi col tuo cuore.




Settembre che con la fuga
 mi sventri il midollo, 
forza, portalo da me.
Portamelo radiante, bello come un Re d’Egitto, 
portamelo lento, che si faccia intravedere,
un po’ aspettare,
giovani occhi d’inchiostro. 
Portamelo al caldo e mentre dorme,
che non mi arrivi affamato o nervoso, 
settembre,
io ti spio con gli occhi del mio corpo, 
ti spio di giorno mentre parli
e ti metti l’orologio.
E se non me lo porti fai una brutta fine.
L’anno prossimo mi stendo ad agosto 
e dalla terra non ti rialzo più.




La notte è bassa.
La mano pende da una ringhiera nera.  
In strada il bagnato, l’odore dei cani, 
quattro luci rosse rotolate sull’asfalto. 
I palazzi alti sono cifre,
suture nel costato di un bambino.
Sotto una tettoia
un quadratino disturbante,
giallo opaco, miele per le mosche, 
pupille, attente come se si stesse 
sfilando le mutande.
Che coraggio serve a fare veglia, 
nell’ora della guerra, della paura, 
nell’ora più sovrana – dissacrare – 
la rivoluzione della luce.
Essere lepre tra le belve. 
Richiamare il branco.

Nei miei sogni sono una finestra gialla,
 amata da tutti come il miele.



Ma se io ti guardo la gola tremare
 e ti so salvare
allora forse tutta la paura,
il pulsare del mio cuore nelle orecchie 
forse servono e mi avvertono
che anche sulla terra ci sappiamo 
volere bene, tenere,
chiamare senza nome.
E allora tu puoi nasconderti 
ma non scompare,
può nascondersi 
ma non scompare
il battito che galleggia nelle tempie 
cercando il mio.
E allora potrai nasconderti 
e io ti verrò a cercare
e faremo della morte una tenda 
azzurra da portare in lavanderia 
per quando andremo a vivere 
insieme.





Vorrei viaggiare nel tuo sangue.
Dal femore
alla fermata dei polmoni, 
percorrerti nel corallo delle vene,  
rete
di metropolitane.
Nell’affanno vorrei sedermi al buio 
del dentro
del tuo corpo.
Nell’affanno che dimensiona 
la tua mancanza
viverti e non toccarti,
sentire come tetto la parete dell’aorta, 
per osmosi
camminarti accanto.

Tornare a casa risalendo il tuo collo, 
piegare a un sonno dolce
il mio.



Foto di Imperatrice Bruno



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