copertina poesie Gassid

Gassid Mohammed, “La vita non è una fossa comune”

Alcuni testi scelti dal libro di Gassid Mohammed, La vita non è una fossa comune, L’arcolaio 2017.

Un cadavere mi raccontò

Un cadavere mi raccontò:
ho visto e ho sentito tanto
ho visto il tempo sciogliersi in un momento di silenzio
e il silenzio estendersi fino a ingoiare il luogo
e la vita stringersi fino a diventare un lampo,
poi si sono susseguite veloci le immagini:
tuono, tempesta, fumo e fiamme
in un momento che vale tutta la vita
intenso d’immagini
il tempo si è dileguato… solo il momento silente è rimasto
pochi istanti prima di immergermi nel buio,
buio senza inizio né fine.

Ho visto e ho sentito tanto
mi disse il cadavere
ho visto un corpo frantumarsi come il vetro
e ho sentito i frantumi scagliarsi contro la parete
ho visto la lingua della morte, soltanto la sua lingua,
lambire il viso di una bambina
e ho sentito il gemito della bambina
prima di sciogliersi, come una caramella, sulla lingua della morte
ho visto i denti delle fiamme azzannare le cosce d’una giovane
e ho sentito il grido della giovane
prima di trasformarsi in una statua di carbone
ho visto pezzi di vetro volare lentamente
piantarsi nel petto d’un giovane che non ebbe il tempo di stupirsi
e ho sentito il tonfo dei pezzi mentre si conficcavano nel suo petto
ho visto una grossa scheggia avanzare lenta
verso una donna che teneva in braccio un bambino
l’ho vista prendere con sé la testa della donna
lasciando solo il corpo che continuava ad abbracciare forte il bambino
e ho sentito lo scagliarsi della grossa scheggia
e della testa della donna contro il muro
ho visto il corpo, senza testa, crollare insieme al bambino
e il bambino aprire la bocca con soli tre denti
e ho sentito il tonfo del corpo della donna sulla terra
ma non ho sentito il grido del bambino
nulla ho sentito dopo ciò
e nulla ho visto
c’era soltanto il buio.
Nient’altro che buio.



Vergine è la guerra;
mai si sposa,
ha soltanto amori.

I suoi capelli scuri
avvolgono gli occhi dei suoi amanti
dalle cupole del suo seno annusano il sangue
e dalla bocca
sorseggiano i baci della morte.

Al cospetto delle sue lisce gambe
i miserabili muoiono
e sotto i suoi piedi
rotolano le teste degli uomini.

Vergine è la guerra;
dalla sua tenda gli uomini escono
macchiati col sangue della loro verginità.



Peccati

Dopo il peccato originale
due sono i peccati
dei figli di Adamo:
frammentare la terra in paesi
e il tempo in anni.



Sono fragile, sono magro, sono nullità
come una pianta rovinata dai vermi
che nessun frutto ha dato, nemmeno tardi.

Sono un’assenza remota,
un sogno sepolto dalla polvere degli anni,
un desidero a cui la pazienza ha rosicchiato le estremità.

Sono una farfalla con un filo legato alla coda,
ogni volta che tento di volare mi tira il filo
precipito forte sulla terra
e si rompono le costole della mia immaginazione.

Sono i resti dello sperma di un lontano avo,
sono il gemito di mio padre in un inverno,
sono le rovine di una speranza che mia madre
ha accudito lunghi inverni
finché in un autunno l’ho abbandonata.

Sono un essere prossimo alla morte… esattamente come voi;
sotto il mio cuore vi è un buco
che si affaccia sul vuoto
e il mio cuore
è stanco di pendere.




Caro tempo

Cercarti è perderti,
pensarti è già lasciare pezzi di noi nella tua coscienza che scorre
come un fiume contrario al nostro cammino,
come quelle parole che sto buttando nello scorrere delle tue acque.
Quando domani le leggerò
non sarò a leggere quelle parole,
ma la loro immagine, perché esse saranno già nella tua coscienza.

Caro tempo,
il ticchettìo dell’orologio non è un tuo canto,
ma è una nostra angoscia, una nostra mania;
è una nostra prigione non tua.
Tu sei libero come un’onda che attraversa i confini
senza che nessuno se ne accorga.

Caro tempo,
ti penso nelle mie notti insonni e so che mi sei accanto,
fermo e disteso come sei stato sempre.
Sono io che passo sulla tua invisibile mano
e tu canti,
nel silenzio della notte fonda;
sento il tuo canto
mentre spingi l’universo,
lo fai scivolare sul tuo corpo disteso, liscio e infinito,
mentre tutta la creazione dorme
incosciente del suo scivolare tra le tue mani.
E tu canti, canti senza mai finire
senza che nessuno ti senta;
canti canzoni di addii,
d’autunno, di sonno eterno, di nascita, di primavera.
Canti per togliere tempo al tempo,
canti e spingi l’universo,
mentre tutti dormono nella tua nenia.



Quanta acqua scorre per le strade?
Eppure erano gocce di pioggia,
gocce che scendevano solitarie
una ad una,
come noi umani

scorriamo per le strade
uno ad uno,
eppure
non abbiamo mai imparato
l’arte della pioggia.




Foto di Chiara Signoretti 

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