copertina Nature vuote di Andrea Franzoni

Alcuni testi dal libro d’esordio di Andrea Franzoni, Nature vuote, uscito con una nota di Antonella Anedda per AnimaMundi edizioni (2024) nella collana cantus firmus che curo insieme a Rossana Abis. Il libro sarà presentato il 5 settembre a Seneghe (OR) nel Cabudanne de sos poetas.

e sul monte, nulla:
era una storia anche quella. 

Rimase a guardare. 

Dalla base della nuca, il cardo 
cominciava a fiorire. 

L’infanzia era questo: 
rovesciare la voce 

imparare a dormire. 





Finire il passato. 

Tenere la lingua ferma finché sopra 
ci cresca l’erba. 

Come un lago intorno a un lago. 
Il confine, il significato. 





Guardare il frutto e non prenderlo. 
Lasciarlo maturare nel proprio albero. 
Lasciarlo marcire.
Lasciarlo cadere. 
Lasciare che faccia un nuovo albero. 





Decide un piccolo incendio del sangue, 
il poco del fiore malva d’inverno, 
l’amore fatto e l’amore
che stiamo per fare. 

Adesso è tempo che l’incendio circoli, 
nel reale come nel corpo che chiamiamo 
tempo.
 
Tempo è
aspettare. E vedere ciò che si è fatto 
come il segno, trasparente,
di ciò che è rimasto fermo,
di ciò che non si è potuto fare. 





VI 

Nell’eco della specie,
come calci cresciuti in grembo,
le stelle assistono alle tue persone:
quella del mattino, quella delle cene,
quella del canto taciturno sulle spalle degli altri, 
quando vedi meglio le testimonianze dei rami, 
il divieto azzurrino di aggrapparsi al cielo. 

La mano sul mento, un giorno di pioggia,
tu principessa delle persiane, muovi la distanza 
in cui avviene il contagio del tempo. 
Coltiviamo malattie a nostra immagine. Ma sul 
cammino riflesso, fuori luogo, fuori spazio,
tu bambina della vasca, stai lì a pettinarti. 

Insaponarti la faccia. Fissarti gli occhi. 
Sapere che te ne vai, mentre si ripetono le 
tue gambe, mentre si ripetono le tue gambe, 
sapere che te ne vai. 


                                                             * Franny e Zooey, Jerome D. Salinger 





VII 

                                                                a Claudia 
 
Adoro annusarti, forse perché è un amore
che non chiede. Inalarti il corpo senza paragonarti
a un fiore, che del resto non sei. Come un cieco 
sente la punta del bastone, sniffarti la dimensione 
circonflessa, quantica, i pollini e le allergie,
la linea del dorso e del futuro, l’acidità e tenerezza 
delle ascelle, senza parole, senza neanche toccarti, 
venendo dentro le frasi che non dici, le frasi che dici 
mentre taci. 

Adoro quando taci, perché il tuo corpo
ossitocina. E gli occhi vedono. E il cuore non c’è.
E insieme siamo la particella del buio. La casa del niente. 


                                                                   * Quaderni, Simone Weil 





IX

Delicatamente annienta 
la sua figura promessa. 

Lo fa chinandosi, ogni giorno, 
chiedendo scusa, pulendo
lo specchio d’altri. 

Nessuno lo cerca, 
è la sua bellezza. 

Ma dove c’è sporcizia
lui va, chiede il permesso 
e lava. 

Quando lo specchio è pulito 
torna a casa, e lava lo straccio 
con cui pulirà domani. 

Lo stende, lo guarda, e 
si addormenta. 


                                             * L’assistente, Robert Walser 





X

                                                   a Luigi 

Così l’angelo con il suo autobus 
ti riporterà indietro la mela
se la dimentichi.
Un paesaggio senza sfondo 
le spighe di grano dei tuoi occhi. 
Corpo dentro, anima fuori. 
Camminiamo
abbandonando i nostri passi 
come un regalo. 
Vivere, è ricordarsi... 

                                                  * L’angelo dell’oblio, Talmud 







Foto di Andrea Franzoni

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