copertina Riccardo Socci

Riccardo Socci, “Lo stato della materia”

Un estratto da Lo stato della materia (Arcipelago Itaca) di Riccardo Socci, finalista al premio Pordenonelegge Poesia 2021 “I poeti di vent’anni” insieme a Demi-monde (NEM) di Silvia Righi e Sistemi (Interno Poesia) di Dimitri Milleri.

 La voce incostante del mondo:
 semafori, autoambulanze, aeroplani.
 Sembra invitarmi a qualcosa. La luce
 che si riversa nella stanza illumina
 alle pareti gli animali 
 a sangue freddo. Disteso sul letto,
 mi godo i processi endotermici 
 del mio corpo. Sono calme
 oggi le strade, lungo
 le quali nessuno mi aspetta.
  
  
  
  
 La nube, attratta dalla propria forza
 di gravità, dà inizio ai processi
 di fusione nucleare. Una stella 
 trascorre quasi tutta l’esistenza
 in una fase di stabilità,
 rigettando materia nello spazio.
  
 È sabato, le croste si attaccano
 agli angoli dell’occhio, mentre vaste
 superfici di sole esplose
 disturbano nell’etere i segnali,
 i voli dei piccioni e delle nuvole,
 la quiete nei palazzi 
 addormentati della città. 
  
  
  
  
 Ti circondano le pareti bianche
 di una stanza. Dalla fessura
 nella portafinestra 
 senti la pioggia riempire le strade.
 Le masse d’aria attraversano la città, 
 passano filari di antenne, segnali
 terrazzi concimati dai piccioni, 
 prima di entrare in casa
 sfiorandoti la mano.
  
 Sdraiato sul divano, sembra allora
 di capire il teorema dei cicli:
 calore prodotto nel nucleo,
 rocce metamorfiche sotto 
 radici che si allungano alla polpa, 
 chilometri di arterie dove corrono 
 ordigni innescati dal sole 
 per brillare sui rami.
 Le schegge fuoriescono, gli stormi
 riposano tra un viaggio e l’altro.
  
 L’onda meccanica della tua voce
 si propaga nella stanza,  
 raggiunge la portafinestra 
 e ritorna in gola, senza 
 spostare nulla, come il più immediato
 dei molti corollari.
  
  
  
  
 Metà luglio, notte. Il paesaggio
  
 Si prepara al temporale. Una donna
 consiglia all’uomo di non soffocare
 le proprie emozioni. Sui tronchi,
 muovendo l’addome, i maschi di cicala
 richiamano le femmine. Un’immagine
 di recente ricorre nei suoi pensieri:
 è mercoledì, siamo in cucina, 
 c’è una vecchia signora
 che stende gli gnocchi. A un tratto 
 alzando gli occhi, chiede al bambino 
 di prendere il libro di antologia
 per leggerle una storia.
  
 Le onde elettromagnetiche hanno ormai
 coperto la campagna. Trascorsi i primi
 anni di vita sottoterra, le larve 
 di cicala si adattano a una forma 
 più complessa di solitudine.
  
 Ma abbiamo di nuovo mancato il punto:
 il cielo è in espansione, 
 la luce lo attraversa,
 la voce dell’uomo è un segnale 
 tardivo, come il tuono.
  
  
  
  
 And when she leaves, she leaves nothing at all
  
 La cassa diffonde il concerto di Neil Young.
 Siamo alla strofa in cui l’alcolizzato
 cade per strada. Le mutande sporche
 nel cesto del bucato: anche così finisce
 una giornata. Ho visto un uomo malato
 entrare nella sua fine oggi, la fine di un giorno. 
 Ho provato rabbia e mi sono commosso.
 Ho provato il desiderio di dimenticare, 
 l’ho assecondato. Il dolore di un uomo
 è come la tenda che si chiude
 nella cabina per le fototessere. Uno spazio
 che le parole non percorrono,
 che il senso del tatto attraversa più a lungo
 delle parole, prima di fermarsi.  
   
 La teoria del campo unificato 
 prevede l’esistenza di undici dimensioni. 
 Oggi ho visto un uomo entrare 
 in una delle sette che non conosciamo. 
 Sul piano macroscopico,  
 la rotazione terrestre ci trasporta  
 da un inizio all’altro. Adesso è notte, anche così 
 finisce una giornata: ciascuno è a letto, 
 con le dita che si intrecciano, ricopia
 di cellula in cellula
 le proprie informazioni, dentro 
 la sua mente, come una traccia lasciata 
 nella speranza di perdersi, per sempre.




Foto di Chiara Signoretti

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