Dopo avere letto Libretto di transito, gli studenti di II A del liceo linguistico Raffaello di Urbino, mi hanno incontrato nell’aula magna del loro liceo con la loro insegnante Natalina Santina Gioffreda. I testi che seguono sono riflessioni nate dalla lettura di queste poesie e dal dialogo con me, ma soprattutto dalle domande che loro stessi si pongono nei confronti dell’esistenza. Intuizioni critiche si accompagnano e confondono con la loro esperienza. I testi di Libretto di transito diventano così vetri di un finestrino attraverso cui affiora la sagoma di un volto, il loro nel viaggio della vita, e quello di tutti noi, riflesso nello spazio aperto dalla poesia.
f.m.
Dalla lettura di A volte un breve annuncio ricorda la linea gialla (p. 14).
Mi ha colpito molto la metafora del treno che passa come un evento negativo, una notizia o qualsiasi avvenimento spiacevole. Il passaggio del treno è intenso, fastidioso e rumoroso ma nel complesso è breve, infatti dopo quei pochi secondi di turbamento della quiete, la stazione ritorna come prima del passaggio del treno, ma mai identica. La vita è allo stesso modo: durante il passaggio dell’evento negativo la quiete e la tranquillità vengono dimenticate per concentrarsi solo su ciò che ha cambiato la nostra vita in quel momento. Si torna poi alla propria quotidianità, che all’apparenza è come prima ma in realtà è completamente diversa.
Sofia Amantini
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Leggendo questo libro sono rimasta colpita in particolare dalla poesia Le cose che hai scordato (p. 16). Parla delle cose che spesso ci dimentichiamo sull’autobus o sul treno quando, dopo un lungo viaggio, arriva il momento di scendere. A me è capitato più di una volta di scordare le cuffiette oppure le chiavi di casa, magari perché avevo la testa da un’altra parte, e di accorgermene solo ore e ore dopo. Ma quest’immagine potrebbe avere anche un significato simbolico, connotativo. Secondo me, le cose dimenticate potrebbero essere quei fastidiosi pensieri che cerchiamo di mettere da parte, di nascondere in un angolino della mente. Oppure quelle situazioni in cui abbiamo detto o fatto qualcosa che non avremmo dovuto, e il solo pensiero ci provoca imbarazzo. A volte però, quando meno te lo aspetti, ti ritornano in mente, «come attraversando una zona più limpida dello sguardo», quindi potremmo dire come un fulmine a ciel sereno. Quando succede questo tornano a galla tutte le brutte sensazioni, ti assalgono come un’onda e bisogna fare un grandissimo sforzo per rimettere questi pensieri al loro posto, nel “dimenticatoio”.
Emma Caselli
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La sera, con una sigaretta tra le dita (p. 19).
In questa poesia l’autrice ci racconta di una normale sera: sembra estate e osserva suo padre che, mentre fuma una sigaretta, nascosto «nell’angolo più lontano del giardino», innaffia le piante. Ciò che realmente mi ha colpito di questa poesia è la metafora nascosta, infatti le falde della terra rappresentano le ferite della vita, ovvero tutte le delusioni e i rimpianti che più ci affliggono. Nel corso della nostra vita troveremo persone che ci aiuteranno, ma purtroppo non tutte le ferite sono destinate a ricucirsi, a volte bisogna solo imparare a convivere con il dolore. Altre persone, invece, saranno come «piante dal frutto velenoso», cercheranno di ostacolarci. Per nostra sfortuna non è semplice liberarsi di queste persone, che sono difficili da «zappare via», come scrive la poetessa, e ancora più difficile sarà superare le difficoltà.
Victoria Polidori
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Ero una casa abitata da piante che si sporgono ai vuoti, sottili si avvolgono dentro il franare dei muri. Si è dimenticata la porta, questa casa, l’ha inghiottita come un boccone messo un po’ di traverso. È così che vengono e vanno: rondini in cerca di rifugio e poi libere gridano di piacere.
Questa poesia di Franca Mancinelli mi ha fatto riflettere molto dal primo istante che l’ho letta. Dopo aver avuto l’occasione di poter ascoltare la poeta e comprendere tutto il viaggio che ha compiuto per scrivere questo libro, ho capito ancora meglio il significato di questa poesia. Si riesce a sentire quasi un senso di vuoto non colmato, dopo un periodo di serenità. Ma con il tempo siamo costretti a conviverci, accettando anche aspetti a noi non adatti, proprio come il boccone inghiottito di traverso dalla casa. All’inizio si fa un po’ fatica ad abituarsi ma, alla fine, siamo come rondini che volano nel cielo. Questo avviene a molti di noi nella vita. Ritrovarci ad affrontare situazioni non fatte per noi, ma pur di essere accettati si superano, anche con qualche difficoltà.
Selma El Bahri
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L’incontro del 13 aprile con la poetessa Franca Mancinelli mi è piaciuto molto, in quanto sono riuscita ad apprendere meglio le prose poetiche del suo Libretto di transito. Ho compreso maggiormente, oltre ai suoi componimenti, me stessa. Ma anche gli altri e il loro modo di pensare. Mi ha colpito come la poetessa si è approcciata a noi, la sua disponibilità a rispondere a qualsiasi domanda e a risolvere i nostri dubbi. In ogni prosa poetica qualche parola, frase, ha colto la mia attenzione e curiosità. In particolare la poesia nessuno calma il grido (p. 21). Gli uccelli chiedono il cibo, però non c’è nulla da dare in pasto; niente calma questa richiesta degli uccelli. Tuttavia si ritrovano la mattina nella piazza che è come una «grande ciotola». Dunque lì possono mangiare i rimasugli di cibo donati dai passanti. Gli uccelli, essendo affamati, rappresentano per me la sopravvivenza, la richiesta d’aiuto. E, insieme, anche la speranza, perchè continuano a chiedere cibo nonostante non ci sia. Ma in un momento di difficoltà si riuniscono. Sono insieme. Questa poesia mi ha colpito perché è riuscita a farmi comprendere che non siamo mai soli. Anche nei momenti più difficili c’è sempre qualcuno a sostenerci. Pronto ad aiutarci. Uniti si è più forti. Ho colto l’importanza dell’unione, del sostenersi a vicenda, dell’aiutare il prossimo e della fratellanza.
Sofia Damiani
Su Nessuno calma il grido (p. 21).
In questa poesia le cose che mi hanno colpito particolarmente sono due. Quando parla di “uccelli che chiedono cibo” mi ha incuriosito perché ho interpretato questa immagine come se fossero delle persone avare che sanno solo chiedere senza dare nulla in cambio. Nell’ultima frase la «grande ciotola della piazza», mi ha fatto pensare che al mondo ci sono molte persone avide, e anche se non ce ne rendiamo conto, sono costantemente intorno a noi, quotidianamente.
Arianna Gabbanini
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Su Un bicchiere d’acqua sul tavolo (p. 22).
Questa poesia suscita in me la bellezza della visione del mare: il celeste delle onde, che pian piano s’innalza e si riabbassa proprio come quando beviamo l’acqua da un bicchiere. La frase «Eravamo limpidi e soli, con qualcosa che bruciava dentro» l’ho collegata al sale, che si trova nell’acqua del mare e che quando per sbaglio ingoiamo ci brucia dentro. «Un colore prima di un altro, e poi diversi, insieme, come in una rete che si muove luminosa», mi ha portato a pensare al colore del mare che cambia in base al sole, ai tramonti, alle albe, alle condizioni del cielo (se piove, se nevica), e la rete all’unione, al collegamento di questi colori tra loro.
Il mare esprime libertà attraverso la sua limpidezza, la sua trasparenza (il mare che «saliva dalle caviglie»), ma anche un limite, un blocco, un ostacolo: il mare s’innalza sempre di più, fino alle nostre parole; prima tocchi, cerchi di camminare trasportata dal movimento delle onde e da un momento all’altro non trovi più niente sotto di te, ti ritrovi con il vuoto sotto i piedi, come se le onde avessero portato via un pezzo di te, della tua personalità; quando non senti, non capisci, non vedi più niente, ti senti perso e l’unica cosa che cogli è l’«oscuro richiamo» di chi ancora vede, di coloro che non sentono più il tuo di richiamo.
Giulia Marinelli
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Leggendo Libretto di transito sono rimasta colpita dalla poesia Ecco il fiume che mi allarga lo sguardo (p. 27), in particolare dalle sue ultime righe: «Sospendendo un attimo i gesti che piegavano e riponevano, ho deglutito allontanando il sapore. Così fanno gli adulti, nascondono per proseguire». Mi sono soffermata su queste parole e ho riflettuto, fino a capire che purtroppo è la verità: non ci concediamo mai di essere tristi, di fermarci per assimilare il dolore che proviamo. Dobbiamo, piuttosto, essere sempre vivaci, scattanti, con un sorriso di circostanza stampato sul viso. Ma perché? Casa c’è di sbagliato nell’avere dei momenti no? È normale essere tristi, va bene esserlo. Dobbiamo saper vivere anche quei momenti, quegli attimi in cui vorremmo solo «nascondere per proseguire» e trarne i giusti insegnamenti. Dobbiamo vivere il dolore, affrontarlo, piangere se necessario. Anche la tristezza è una bellissima emozione e si merita di essere vissuta come tutte le altre, e non schivata o peggio “deglutita”; provarla non ci rende dei vili, tutt’altro! Anche fermarsi a prendere aria nel bel mezzo di una lunga maratona è sinonimo di coraggio, l’importante è sapersi rimettere in cammino dopo una pausa.
Sicuramente non è semplice mettere da parte l’orgoglio e mostrare le proprie fragilità spogliandosi di tutte le maschere, ma riflettendo su queste frasi della poesia che ho scelto, ho capito che forse non possiamo essere forti, felici e “adulti” tutto il tempo, e che ci meritiamo invece di vivere le nostre emozioni a 360 gradi.
Naike Pazzaglia
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Franca Mancinelli nel suo Libretto di transito racconta le proprie emozioni utilizzando delle metafore: il cuore è come un paese in pericolo di crollo, scrive in Le frasi non compiute restano ruderi (p. 34). Credo che questa poesia sia colma di significato, nonostante sia sviluppata in pochi versi. L’autrice è in grado di scavare nel profondo dell’animo umano, comprendendo le difficoltà che l’uomo vive ogni giorno. Tutti richiedono un po’ di amore e affetto incondizionati. Tutti richiedono un po’ di compassione e di empatia. Le emozioni sono parte dell’uomo.
Florian Ceka
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Questo libro scritto dalla poeta di Fano è intitolato Libretto di transito. Contiene un messaggio fondamentale, da cui si sviluppano le poesie: il viaggio dalla vita alla morte. Questo messaggio si può percepire chiaramente in questa poesia:
L'anziana che abita nel palazzo vicino esce ogni tanto in balcone. Spazza, stende i panni sul filo, li raccoglie, annaffia due vasi. Quando partirà, lascerà uno spazio pulito, che ha preso la forma della sua vita. Quella precisione istintiva mi guida per brevi sequenze: sposto la polvere, cambio posto alle cose. E come riemergendo da una nebbia, si spalanca un altro spazio nella mente.
Questa poesia parla di una signora anziana che svolge le sue ultime faccende domestiche; presto lascerà spazio alle generazioni che vengono dopo di lei. Così, io mi ritrovo a svolgere le stesse mansioni della signora ma, tra mille pensieri ecco che nella mente sorge un pensiero… forse anche io un giorno dovrò, come l’anziana, ritrovarmi in un’altra dimensione.
Florian Ceka
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Ho scelto la poesia In questo paesaggio posso chiudere gli occhi e dormire (p. 45) perché fin dalla prima lettura è quella che mi ha colpito di più, sia per il contenuto che per le espressioni usate. Questa prosa poetica racconta di un sogno, che potrei definire quasi un mondo alternativo e fantastico in cui non si prova rimorso o preoccupazione. In questo paesaggio non si è vincolati a responsabilità: è una realtà affascinante e ammaliante. Nel sogno ci permettiamo di essere chiunque, senza dare importanza agli altri e agli oggetti intorno a noi. Nel sogno diventiamo una nuova versione di noi stessi, sconosciuta e fino a poco prima nascosta. Dopo avere vissuto questo sogno ogni notte, diventa familiare e siamo in grado di riconoscerlo ma questo non ci impedisce di rimpiangere il suo tepore una volta svegli. Potrebbe essere la voce della mamma o il suono della sveglia a destarci, ma vorremmo solo rimanere a letto, in questa favola, illudendoci che forse il sogno diventerà realtà.
Matilde Mancini
Foto di copertina di Chiara Signoretti