poesie Ivano Testa

Ivano Testa, “La saldatura lieve di una vena”. Otto inediti

             Parte prima: Procedure
 
I
            sediamo intorno ai fuochi.
trovati nel momento, valichiamo
l’equivoco delle facce.
 
Non un tratto di silenzio può dirsi
vuoto, è questo il fuoco.
        s’impara ad ammaestrarlo,
ad allineare tizzoni,
                    pedinare scintille
nelle profondità degli occhi.
 


II 
non capiamo mai del tutto
ciò che facciamo,
                       né tantomeno perché;
ne siamo animati.
 
non solo di necessità, non solo
animali a caccia semidimentichi.
 
degli animali condividiamo
la fame;
   meno sovrannaturali,
                 più sovrannaturali.
 


       da Parte seconda: diacronie 

I
un giorno trovammo le porte.
 
le riproduciamo, le ampliamo
                con squarcio silenzioso,
un moto simile alla preghiera.
 
il primo indizio fu una lacrima o un grido,
poi continuammo, e continuammo,
                        nel silenzioso che conduce
                         in là dal mondo, dai corpi.


III
il fuoco ha una bocca
che non conosce parola,
che   ha una voce e guida,
                guida sostanze elettriche,
  simili a bambini ciechi:
         
              si sono persi rinascendo.
 
 
 
                da Parte terza: Genealogie
 
III
Su una panchina:
 
«non hai ancora capito che dobbiamo
costruirlo, in tutti i suoi piedi,
in tutte le sue mani?
 
           e la parte delle estremità
è la più semplice! I nostri occhi
come miliardi di volti.
 
saranno più belli degli alberi,
         non più intelligenti dei gigli».
 
«la chiave dell’Utilità, 
                                 rischiosissimi».
 
«l’Utilità è rischiosa,
   almeno quanto la bellezza.
    
                              mai quanto un amore disperso».

                                                                                                 «Siete voi la volta 
                                                                                                                   lunare,
                                                                                                    i visi pallidi di stella». 



          da Intermezzo tre: Compresenze
 
I
   abbiamo iniziato a trapiantarci,
a trapassarci in assenza di tocco.
 
In certe porzioni di notte specchiamo
      stelle gelide feconde dai raggi,
fisse, in cerca di fuoco.
 
    dormiamo in proiezioni ortogonali,
dimore che sfiorano per non rompere;
 
popolano d’occhi di koala,
                   sfere d’oro e gufi d’onice
                                                i sogni.
 
mangiano con noi, con noi
        rimestano il bolo digitale.
                 Ci facciamo anatomici.



        da Parte settima: Polveri
 
I
non abbiamo più tempo
                     per le cause,
             inondano gli effetti.
 
                   ogni ventiquattro
    trovarsi in un altro pianeta,
          fare centro con le clorofille,
           i dentici.
 
La saldatura lieve di una vena:



VI
la pianta annega
      dell’acqua di cui si nutre;
la morte è un sistema idraulico,
      una pompa forse –
 
pensavamo al modo
        che ci compete, nel vero:
in un attimo          l’alluvione.
 
      siamo rientrati, raccolti,
nel sigillo, nel filtro:
       un po’ più che costretti.          




foto di Chiara Signoretti              

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