Otto poesie di Giulia Testa (Milano, 2005), dal laborario Ridenti e fuggitivi. Poesia e adolescenza, che ho condotto al Liceo Medi di Senigallia, tra febbraio e marzo 2024.
Navigante fedele raccoglierò la tua pelle eroicamente la cucirò, con la mia, avendo cura che non si strappi. Ago e filo non serviranno, le cellule costruiranno per noi il mosaico. * Di verde presentati al nostro sconsacrato matrimonio, sarò sposo devoto a te, creatura magnanime. Non scambiamoci anelli, ma il peso del nostro giovane sangue. * Resto arenato a te, primitivo scoglio, mentre vele increspate sradicano l’esile scheletro. Io, claudicante, prego stabilità esploratore cieco nella sfericità dell’esistere. Forza gravitazionale non conosco, fluttuo tra te e il mare, ma le mie squame si inebriano ancora di riolite. * Carne amara stretta tra i denti nell’ora del mancato ritorno; lavoro a maglia i brandelli dei nostri ricordi. In notti grevi piantavo radici per la nostra quercia, affinché potessimo arrampicarci insieme quando la scala sarebbe venuta a mancare. * Per il tuo essere presenza e sogno ineffabile meraviglia. Al tuo farti luce, lacrima e riso; pregare te desidero per farti sentiero. Lupanare o ostello nobilissimi saranno nel rintocco della tua voce; per il tuo farti albero, radice e fiore. * Un’allegrezza che mi morde dentro profonda scomparsa. Di te mi rimane l'odorosa luce. In un calice infuocato, in una foglia io ritrovo noi. * Carnefice di me stessa incessantemente rivolgo gli occhi ai due amanti. I loro dolci morsi obbligano a serrare le palpebre; troppa beatitudine nel sentire il proprio corpo bruciare. * Avari dei nostri pensieri camminiamo senza voltarci in un unico sentiero rettilineo. Speravo di riconoscermi nella tua paterna iride, ma razionalmente fuggo lontano. Il tuo essere mortale in sentimenti sbrana l'immortalità dei miei sogni. Foto di Francesco Ventura