copertina Eva Laudace le bambine

Eva Laudace, “Le bambine dai capelli rossi. Una favola teatrale”

Alcuni testi scelti dal terzo libro di Eva Laudace, Le bambine dai capelli rossi. Favola teatrale (CartaCanta 2022).

Nasce alla riva sinistra
un milione di volte al giorno 
e per sempre un po’ così
verso la banchina
follia birichina tra i piedi degli alberi.

È tutta musica
ritmo fiato, musica 
una lingua che non comprendi
quella cosa chiara lì
la vedi che mette gli argini al fiume.




Non è colpa mia
se il vento disperde
ciò che il mare riunisce.

«Questo dolore non serve a niente»
mi disse l’autunno disteso di ginko
ed io capii.

Adesso anche lei ha paura
e mi guarda
perché sa.




Se fu giusto favorire l’addio
questo non lo so
se piansero insieme
                              si scambiarono gli occhi le mani se
le baciarono ancora il dorso se fu 
una questione di sopracciglia sottili
piuttosto questo finire
nemmeno lo so
se solo una delle due
quella più chiara pianse
                                    se si tagliò i capelli 
perché non erano così rossi o un dito
se usò le forbici o preferì un coltello
questo io non lo so
                              non amo le separazioni
ma era necessario un atto di forza
anche per il semplice germogliare di un seme
farsi del male era necessario
alleggerire gli alberi di un braccio
o di una gamba
masticare di nuovo le ombre
fino a sparire.




Davanti ai cancelli delle favole
chi aspetta il suo turno
per essere amata
ha tutto il tempo di avere paura

ogni petalo è un mostro
che ha tenuto per mano

coi fiori sugli occhi la testa a punta
e molti animali randagi
nelle vene
tu sai che sono una bambina.




«Dondola dondola»
infilava con la lingua
nuovi stupori di ferro 
e saliva.

Dove prima c’era il dente
adesso c’è il buco. 




Non pensavo di dovermi difendere
dalle gatte e dalle altre creaturine
perdevo la fame
nel fresco di un ramo
ogni volta
diventavo più sottile.




Questo dolore non serve a niente.

Bisbigliavano apivore
alle orecchie della bambola
«Malore e pena
se si bacia la terra
fortuna
se si bacia la mano».




Le bambine che non sanno amare
sono animali che nascono ciechi
e restano appesi
a testa in giù
somigliano ai pipistrelli.
Ti rompono le ossa giocando
come nel buio sbattendo
l’una contro l’altra.




A volte ogni cosa cambia in male
e anche io piango
quando cado dritto tra i fiori
come una pigna.

Ma non sono altro da te

terra mia
madre nera
voce leggera, bellissima.




Non a tutti piacciono le mie bambole
specie quella che mi somiglia
si scompiglia la testa nel fuoco

finalmente così dormirà.



Foto di Francesco Ventura

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