Ci occludevano le gole silenzi gelati, ma le labbra tenevano la crepa. Sciogliti a sillabare. Neve. Adesso, è accadere come campo: specchiare la chimica gelata del sole nell’erba - la scheggia dove la mente simula cristalli. Di nuovo come quando ti divento. Tu mi diventi. Ci sono. Gabbiani fuori luogo tra le zolle lontani da ogni volo. Come pietre. Ci sono voci ferme. Si stringono al silenzio, senza comporsi in braccia, come funi. Ci sono. Le morti minori nei canali. Un vecchio corpo di lepre già passata. Ali riposte in schegge minerali. Si spezza il tempo e si ripete. Piove. Lo specchio degli occhi si apre dove i rami s’innestano ai nervi tra canne e vento accadono voci solo nel solco dell’udito. Da quali crepe il primo sgocciolio riporta il sangue all’acqua dell’inverno… Qui scricchiola la schiena come un’ala – trema lo scheletro di noci che mi sconfina dentro. Volti di terra nei volti delle zolle. Scegli teste levate singolari su spalle polverose, tra serie di gomiti o ginocchi. Utili membra a rilevare il corpo persistente. Sostanza perpetua, senza resa. Profili ossuti muovono leve di riconoscimento. Come il legno nero dei cormorani all’orizzonte. Ora attraversi la membrana che avvolge la parola vieni nella cellula vitale, si buca il perimetro del senso. Torna a vibrare il timpano. Basta un grido d’uccello. Tutto quanto dal tuo corpo migra, dal tuo coro si alza, voce verso ritorni originari ti traduce in polveri sfuggite alla sagoma dell’io, nella virata della materia madre. Non abbiamo prove dell’esistenza della fine. Brucia il vuoto nei bracieri di fiamme altissime solari, come in coppe armate di metalli vicini alla fusione. Ci sfiora un destino elementare. Ci tocca piano, come una distrazione. In quella bulimia rossa dell’alba che inghiotte il cielo si apre un vuoto che chiameresti giorno, se non ci fosse un nesso senza scampo, un cielo uguale che ti continua dentro e non si ferma, braccandoti alle spalle, parandosi davanti al tuo risveglio. Ecco la morte: passare dalla vita all’esistenza. La quota dell’io diminuisce. Si apre alla demenza. Alla semenza. Foto di Samuele Bellini