Un estratto dalla raccolta di Carmen Gallo Le fuggitive (Nino Aragno, 2020)
da La corsa
Siamo in una incubatrice, in una clinica, in un ospedale. Io non sto bene, non respiro bene. Ogni tanto una donna vestita di bianco viene qui e mi prende per i piedi, mi scuote forte. Io non sento niente. Tu sei qui e mi guardi. È tutto in piena luce, ma ci sentiamo al sicuro.
III. Il primo colpo è stato il suo. Vicinissimo. Ho provato a studiare il lancio, il salto, la parabola del braccio nel vuoto. Le gambe piegate, la giusta oscillazione del corpo in avanti. Alta, troppo alta. I muscoli tesi, la nuca scoperta. Siamo andate avanti fino a notte fonda poi ci siamo addormentate fuori dal cerchio, una accanto all’altra. Ricostruire l’animale dalle promesse che è stato capace di fare. E dimenticare. Non dalle ossa abbandonate, ma dalle impronte che si allontanano. Dalla corsa. Forma semplice. La storia interna e la storia esterna. Chi corre ha perso. Chi corre scompare ma si porta dietro tutto. Chi resta impara a nascondersi. A non essere niente. Fingere le ipotesi. Le cose non accadono a quelli che spariscono. da Le fuggitive Tornare in superficie come bocche di colpo spalancate animali finalmente anfibi. Dimostrare di avere imparato il doppio respiro, a stare e restare nello spazio indiviso dove le cose accadono e basta. In questo gioco chi si cerca e chi si nasconde hanno la stessa faccia. La paura costringe a forme di vita innaturali, costringe a stare nella durata di un altro. Impossibile prendere aria. Restituire la paura, lasciarla sulla soglia di casa e dire puoi tenerla o nasconderla in giardino prima che il tempo e lo spazio propaghino la sua forza. È novembre. Ho trentasei anni. Mi porto dietro tutti i miei luoghi. Faccio attenzione a non dimenticarne nessuno.
da Uscirne vivi
Uscirne vivi #1
Nervo vago
Secondo alcuni esperimenti scientifici, un neonato che osservi il volto inespressivo di sua madre avrebbe come reazione immediata quella di far ricadere la testa all’indietro e, in alcuni casi, di svenire. Con ogni probabilità, è una risposta istintiva per nascondersi dai nemici quando la madre sembra incapace di proteggerlo. Alcuni lo associano alla reazione di freezing che a volte gli animali, e gli esseri umani, hanno di fronte a una situazione di pericolo.
Uscirne vivi #18
Rembrandt
Nel museo di Monaco, assediata da altre tele, il Cristo risorto di Rembrandt ritrae il volto di un uomo col petto e il torso privo di ferite. Guarito, risanato, mai davvero toccato. Lo sguardo di Cristo fissa bonario e indulgente lo spettatore che non può ricambiare, preso com’è a cercare nell’immagine, a scrutare la ferita che manca.
Uscirne vivi #19
Taichi
L’anno scorso la sorella di A. si è lanciata dal primo piano. È stata in coma per due settimane. Difficile che morisse, ma si temevano danni fisici e cerebrali. Invece piano piano si è svegliata, e giorno dopo giorno tutto funzionava. Il medico ha fatto delle domande alla famiglia per capire come fosse possibile. Tra le varie spiegazioni c’è che la sorella di A. ha studiato per molti anni arti marziali, e che il suo corpo, più della sua mente, abbia imparato la disciplina del cadere senza farsi troppo male.
Il sarto morto due strade più in là. I funerali nella chiesa troppo grande per chiunque. La figlia prende la parola, dice, il miracolo il miracolo di averlo avuto con noi, con gli occhi aperti e tutto il resto. Usciamo. La piazza controluce è un autobus di turisti cinesi. Torniamo a casa, saliamo le scale, e con noi tornano le panche di legno sotto l’enorme altare barocco la conversazione banale, l’odore dei fiori forte. Spesso guardo l’altalena nel parco sotto casa la spinta che la mano imprime all’oscillazione di corpi minuscoli, vulnerabili. A volte esco sul balcone chiedo alle madri di smettere, ai bambini di tenersi forte perché tutto questo è assurdo, e non vale la pena. Credo di dire ma non accade. Non è reale. Resto a fissare quei corpi capaci di restare nel movimento dell’aria e della forza. Alcuni ridono o piangono, ma nessuno ha davvero paura. Foto di Chiara Signoretti